“Desta stupore il fatto che, nonostante i molti articoli e il Ricorso redatto da Italia Nostra recentemente messo a disposizione di chiunque lo avesse richiesto, nessuno abbia, volutamente o meno, messo a fuoco la questione della tutela dei capanni balneari storici.

Andiamo per ordine: il Comune emette a gennaio 2024 un’ordinanza di abbattimento per tutti i capanni, che prescinde da qualsiasi questione di tipo storico e paesaggistico e anche ambientale, tant’è che il progetto di demolizione, per il quale non è stata nemmeno redatta una Valutazione di incidenza ambientale, dovrebbe avvenire in pieno periodo di riproduzione della fauna selvatica.

L’ordinanza prescinde anche da un piano di sicurezza, non dà indicazioni sullo smaltimento dei materiali e deve essere effettuata a mani nude dai capannisti entrando a loro rischio nel cantiere del “Parco Marittimo”. L’unica motivazione addotta dall’ordinanza è che i capanni sono “abusivi”: nonostante i capannisti abbiano sempre pagato al Comune quello che credevano fosse il canone di concessione, si scopre che la concessione manca da ben 23 anni. Definiti abusivi al pari di baracche fatiscenti e degradanti per l’ambiente; non certo i piccoli e pittoreschi manufatti storici ritratti dagli artisti e custodi di tanta tradizione e memoria, nonché baluardi di tutela per le dune; capanni che persino il Comune di Ravenna posta con vanto, come se nulla fosse, da anni sui suoi social. I capanni, “archeologia balneare” ormai scomparsa ovunque, devono essere eliminati anche a Ravenna.

Tali incongruenze vengono prontamente segnalate da Italia Nostra e, tra le proteste dei capannisti, ma anche di molti cittadini impossibilitati a comprendere, l’ordinanza viene sospesa. Italia Nostra chiede che sia indetta una conferenza di servizi, in cui tutti gli enti, Soprintendenza inclusa, possano esprimersi, ma il dirigente risponde che non è necessaria.

A quel punto, anziché valutare con raziocinio, raccogliere gli appelli, giunti persino dall’Ordine degli Architetti, e confermare il valore storico dei capanni, che sorgono da un secolo in zona di tutela paesaggistica e in area dichiarata di notevole interesse pubblico, tradotto: sono già vincolati come beni culturali e paesaggistici in virtù della loro collocazione e delle loro caratteristiche, arriva l’“escamotage” per sviare da questo obiettivo primario che metterebbe in salvo tutti i capanni, nessuno escluso, rendendo definitivamente nulla l’ordinanza. Si inizia a parlare di “Valutazione di Incidenza” ambientale, una procedura che si applica per i nuovi progetti (come lo era la demolizione) che siano previsti in aree di pregio ambientale. A quel punto, con l’obiettivo di salvare non i capanni, ma l’ordinanza del Comune, si commissiona la Valutazione di Incidenza per comprendere dove i capanni nuovi potranno sorgere. In poche parole, il loro valore storico e di presidio per la tutela delle dune viene completamente ignorato, e vengono paragonati a nuovi manufatti la cui collocazione debba essere valutata dal punto di vista ambientale. La Valutazione, nonostante sia stata commissionata da mesi con un affidamento contrattuale, pare non sia mai arrivata sul tavolo del Comune. Nel frattempo l’ordinanza di demolizione ritorna attiva. A quel punto, due giorni prima delle elezioni regionali, la Valutazione appare e l’ordinanza nuovamente sospesa, in attesa delle valutazioni di una Conferenza di servizi, che stavolta viene convocata dal Comune. Ma, ancora, nulla si dice del valore storico, paesaggistico, artistico, culturale dei capanni balneari. Questa procedura, che pare sia stata sposata sia dall’Associazione Capannisti che da partiti politici, oltre che, ovviamente dal Comune che l’ha proposta, non riconosce alcun valore storico ai capanni, e di fatto delinea il criterio con cui, in ultima analisi, tutti i capanni potranno in un futuro essere abbattuti: basta che se ne dichiari non il loro valore storico, ma la loro incompatibilità ambientale. Accurate relazioni documentate hanno invece dimostrato che i capanni costituiscono un presidio puntuale che ha consentito il mantenimento e la crescita delle dune, la nidificazione delle specie e la tutela degli ambiti antropizzati, i quali, come purtroppo si sa, sono facilmente soggetti a degrado. Ne siano prova le invadenti passerelle a raso duna e senza parapetti dal “Parco Marittimo”: nel tratto dove sono state realizzate consentono a chiunque di scorrazzare su e giù dalle dune, mettendo a rischio, come mai avvenuto prima, piante rare e habitat protetti.

Insomma, un pastrocchio che avrà come risultato la ripresa dei lavori di demolizione. In attesa della discussione del Ricorso presentato, che evidenzia esattamente tutto quanto appena ricordato, Italia Nostra ha chiesto di poter partecipare, come portatore di interessi per la tutela di tutti i capanni balneari, alla Conferenza dei servizi.”