“Il Covid19 ha influito anche sul traffico portuale, in particolare sui container, che nel primo trimestre hanno subìto una flessione del 7,9% passando dai 52.159 teu del 2019 ai 48.064 del 2020. Il presidente dell’ente portuale ha parlato di “una perdita significativa di traffici, più contenuta nel primo trimestre, mentre nel secondo trimestre andremo sicuramente verso una perdita con numeri a doppia cifra”. Il Sole-24 Ore, pubblicando i dati della movimentazione generale delle merci in taluni dei principali porti italiani, ha però riferito come nel primo trimestre 2020, rispetto allo stesso periodo del 2019, si sia registrato a Ravenna un crollo del 30,4%, che è stato invece del 10,5% a Venezia, del 5,4% a Genova/Savona e dell’11% a Piombino” afferma Maurizio Marendon, responsabile Porto e Ambiente di Lista per Ravenna.
“Trattandosi solo dei primi effetti del Covid-19, dilatati laddove si scontano problemi irrisolti di accesso, navigazione e logistica, suonano dunque campanelli d’allarme per la portualità ravennate, poco attrezzata a sostenere la violenta contrazione degli scambi commerciali tra l’Italia e il resto del mondo, scatenata dalla pandemia. La Confederazione Generale Italiana dei Trasporti e della Logistica (CONFETRA) la stima in 150 miliardi circa, pari a -18%. Una simile sofferenza, quasi un’emergenza virale, richiede interventi mirati che siano in grado di convogliare su Ravenna risorse, incentivi e sostegni tali che le aziende legate con cordone ombelicale al porto, già provate da una crisi ormai cronica, non abbiano a patire il tracollo finale. Il danno economico stimato per i primi due mesi di lockdown in Italia si aggira sui 57 miliardi di euro, con flessione del Prodotto Interno Lordo (PIL) stimata almeno nel 7%” continua Maurizio Marendon.
“Tutto ciò fa preoccupare enormemente, come fanno preoccupare le dichiarazioni del presidente del Terminal Container Ravenna, secondo cui: “Ovviamente il calo c’è stato: rispetto a marzo, in cui si è registrato un buon andamento, ad aprile abbiamo avuto una flessione di circa il 12%. Ma era prevedibile e non ci ha messo in allarme. Le navi comunque continuano ad arrivare”, nonché quelle del vicesindaco e assessore al Porto: “-30% dei traffici, in questo difficile contesto è un dato di buon auspicio” afferma Marendon.
“Si potrà dirlo solo fino a quando gli armatori non riterranno antieconomico fare scalo a Ravenna per imbarcare o sbarcare quantitativi esigui di merci, soprattutto preoccupanti per quanto significa, in termini di valore, il traffico dei container. Nonostante il 70% del PIL prodotto nel comune di Ravenna riguardi attività legate a filo diretto con il porto, non abbiamo fino ad ora sentito di interventi del Governo o della Regione per andare ad arginare questa crisi, che supererà di gran lunga l’ultima del 2009, producendo disoccupazione e scompensi economico-sociali. Si parla di belle cose future (hub portuale, escavo dei fondali, impianto di dragaggio, raddoppio della rete ferroviaria, ecc.), che non saranno operative prima del 2025. Niente che serva alle imprese per essere attrezzate a sopravvivere oggi” spiega Maurizio Marendon.
“Occorrono certamente sostegni finanziari, ma non parliamo tanto di sussidi, quanto di interventi mirati al contenimento dei costi, capaci di rendere il nostro scalo appetibile, facendolo tornare ai primi posti della graduatoria nazionale. Abbiamo necessità di fondi regionali che aiutino il porto dell’Emilia-Romagna a stringere accordi favorevoli per ridurre i costi del trasporto, sia su gomma che su rete ferroviaria. Dobbiamo rendere convenienti le tariffe portuali, affinché tornino a Ravenna le merci che attualmente prendono la via del Tirreno. Dobbiamo abbattere gli handicap che avvantaggiano la concorrenza dei porti vicini. Per ripartire, serve un approccio energico ed immediato. Meglio togliersi gli occhiali rosa e guardare in faccia la cruda realtà, prima che sia troppo tardi” conclude Maurizio Marendon.