A tirumbëla, mè. (A più non posso, io) di e con Gianni Parmiani, musiche originali del gruppo Recondita ArmoniA, all’Anfiteatro Spada – venerdì 1 settembre – ore 21, nell’ambito del Festival “Suoni e Parole:un simposio informale tra le pietre di Luna” ingresso offerta libera.
E’ innegabile che la rivoluzione scoppiata con la rivalutazione della poesia e del teatro in vernacolo, sostenuta dall’azione illuminata di un movimento spontaneo e variegato di artisti, poeti e intellettuali che sarebbe lungo elencare, basti citare due figure iconiche quali Tonino Guerra e Ivano Marescotti, stia trascinando tutte le espressioni culturali e non solo di una terra, la Romagna che sin dalla nascita della nazione italiana ha saputo recitare un ruolo di prim’ordine.
Tra i grandi fautori di questo movimento ritroviamo sicuramente i fratelli Parmiani che perpetrando una tradizione di famiglia hanno tramandato e rinnovato il teatro romagnolo con un proficuo sodalizio artistico che ha saputo fondere tradizione, cultura popolare e cabaret, dedicandosi con continuità e dedizione sia al teatro dialettale che a quello in lingua.
Per quelle strane coincidenze della vita Gianni, uno dei due fratelli Parmiani, poco prima del disastro che ha colpito la Romagna a maggio, mese tradizionalmente caro ai romagnoli (La Majé- la maggiolata) ha allestito uno spettacolo incardinato proprio sul mulino,un luogo dell’anima, che le acque melmose del Santerno in piena spazzeranno via.
Rimanendo in Romagna, vista l’importante mostra che sarà inaugurata a Forli tra qualche mese dedicata ai Preraffaelliti è d’uopo citare John Ruskin che fece la fortuna del movimento artistico decadente “Quando amore e perizia lavorano insieme, aspettatevi un capolavoro” un concetto che descrive perfettamente la genesi di “A tirumbëla, mè. (A più non posso, io) il monologo di Gianni Parmiani: uno spettacolo che diverte, ma nel contempo resta sospeso tra sogno e poesia, avvolto in un’aura d’incanto, infiorata da lampi di comicità.
Le metafore sono emblematiche anche se a volte pericolose, come lo scultore, nonostante le famose imperfezioni dei blocchi di marmo, riesce, con amore e perizia, a scolpire un capolavoro: il David, anche il nostro autore-attore romagnolo,che meriterebbe riconoscimenti ben più importanti in ambito nazionale, è riuscito, partendo da racconti,filastrocche, ricordi e facezie varie,lavorando di “cesello” e “sgorbia”, a scrivere ed interpretare da par suo un’opera d’arte: “A tirumbëla, mè”.