Sabato 27 giugno 2020 l’associazione Fiab Faenza – Bici e Ambiente- e 10 privati hanno depositato ricorso al Ministero dei Trasporti contro l’Unione della Romagna Faentina, affinché vengano rimosse le “barriere parapedonali” poste nella ciclopedonale di viale Marconi e in quella (nuovissima) di via Modigliana, e venga ripristinata la continuità dei percorsi ciclopedonali.
“Queste barriere, posizionate a inizio marzo 2020, hanno fin da subito incontrato la netta opposizione della Fiab Faenza, e hanno suscitato molto scontento da parte dei ciclisti urbani: abbiamo denunciato fin da subito che si trattava di ostacoli pericolosi e immotivati, in tratti dove la bici e i pedoni per il Codice della Strada (CDS) hanno la precedenza sulle auto.
Su via Modigliana ben 16 sbarre in poche centinaia di metri poste all’altezza di passaggi carrabili di 4 ville, rendono la ciclopedonale un faticoso percorso ad ostacoli, per chiunque vada e venga da Borgo Tuliero, con bimbi o disabili. Il passaggio viene ristretto ben al di sotto dei 2 metri previsti dalla legge, lasciando poco spazio di manovra alle cargo bike (1,09 metri) ed escludendo automaticamente altre cargo trasporto merci o handbike (per il CDS la larghezza massima del velocipede è di 1,30 metri).
Su via Marconi, 4 sbarre posizionate all’incrocio Stradello Cappuccini, interrompono la ciclopedonale:essendo un percorso molto affollato, si creano spesso assembramenti in attesa che la “strettoia” si disimpegni (in contraddizione con l’obiettivo di dare più spazio ai ciclisti). Per la scomodità dell’ostacolo, molti ciclisti deviano sulla carreggiata (cosa permessa dal CDS essendo una ciclopedonale e non una ciclabile ad uso esclusivo), aumentando però il rischio a cui sono sottoposti.
Lo stesso PUMS adottato dal comune a marzo 2020, sottolinea come “punto debole” che “a Faenza molti percorsi ciclo-pedonali presentano caratteri di discontinuità” (p.70 del PUMS, “Punti di forza e debolezza”). Qual’è quindi la logica? In un contesto di ciclopedonali troppo spezzettate e discontinue, il Comune le spezzetta ulteriormente?
A marzo abbiamo ripetutamente cercato un dialogo col Comune, ma non ci è stata concessa nessuna riunione (on line) dall’Assessore ai Lavori Pubblici e dai dirigenti per rimettere in discussione la scelta delle barriere. Siamo stati invitati unicamente dai tecnici del comune (in pieno e totale lockdown – 16-17 marzo) a uscire dalle nostre case e recarci con cargo bike e carrellini, sulle ciclopedonali in questione, per prendere le “misure” alle nostre cargo. Ovviamente abbiamo rifiutato, essendo una richiesta quanto mai fuori luogo, vista la pandemia in atto, e soprattutto visto che i tecnici dovrebbero conoscere le misure delle bici previste dal CDS.
Supportati da un avvocato esperto in questioni di ciclabilità (avv.Jacopo Michi, Ufficio legale Fiab), abbiamo quindi richiesto accesso agli atti. L’unico provvedimento che ci è stato inoltrato (n.73/2020), è quello relativo all’interruzione del percorso ciclopedonale nell’intersezione tra via Marconi e via Stradello Cappuccini, ma riguarda la sola segnaletica verticale e orizzontale, e NON fa alcun accenno alle barriere.
Non esiste alcun provvedimento neppure in merito alle barriere poste su via Modigliana.
Siamo davvero sconvolti dal fatto che il Comune abbia posizionato degli ostacoli in grado di impattare pesantemente sulla sicurezza degli utenti deboli, senza provvedimenti ad hoc come prevede invece la legge.Se qualcuno dovesse farsi male, il Comune come risponderebbe?
Inoltre, come ben dimostra nell’ampio ricorso il nostro avvocato,il Codice della Strada prevede delle barriere simili (dissuasori della sosta), unicamente per ostacolare la sosta delle auto, o per impedire il passaggio delle auto su un ponte pedonale, ma di certo questo non è il nostro caso.
Il dirigente responsabile ha provato a giustificare questa scelta perché, a suo dire, questi ostacoli sono “ampiamente utilizzati” in non meglio specificate località del “Veneto/Trentino“. Una giustificazione quantomeno pressappochista. D’altra parte, seper assurdo in “Veneto/Trentino” dovessero iniziare ad usare i cavalli di frisia per rallentare le biciclette, ciò non implicherebbe – automaticamente – la legittimità del loro uso su tutto il territorio nazionale!”
Insieme alla Fiab (associazione che difende i diritti dei ciclisti urbani) hanno presentato ricorso 10 privati cittadini che si sentono danneggiati da queste sbarre, alcuni di questi sono genitori di ragazzi disabili, che si sentono ostacolati nei loro spostamenti in bici e con cargo bike per disabili, (per loro queste barriere sono considerati alla pari di barriere architettoniche); tra i ricorsisti ci sono anche mamme e papà che spesso usano carrellini traino o cargo, nei loro percorsi casa scuola lavoro.
“Queste sbarre impediscono ai genitori di stare a fianco dei bambini in bici e, (soprattutto in via Modigliana), spingono pericolosamente i ciclisti sul lato esterno-non protetto- della ciclopedonale.
Una mamma ha visto il suo figlioletto perdere l’equilibrio (dopo lo slalom tra le sbarre) e finire nella pericolosa strada extraurbana di Via Modigliana: per fortuna in quel momento non passava nessuno
Come abbiamo già detto più e più volte al Comune, ci sono molte (e più valide) alternative per mettere in sicurezza gli incroci pericolosi: le linee guida regionali, così come i più autorevoli e recenti manuali sulla ciclabilità (Deromedis, 2019), consigliano strisce ciclo-pedonali colorate e rialzate, cuscini berlinesi sulla carreggiata per rallentare auto e/o bande acustiche (leggeri dossi) sulla ciclopedonale per rallentare bici, oppure specchi, segnaletica di avviso incrocio pericoloso….Abbiamo anche proposto per via Stradello Cappuccini, la creazione di un senso unico in entrata da via Marconi.
Da lunedì 29/06/2020 ci aspettiamo che il Comune rimuova le barriere e la segnaletica contestata poiché, ai sensi dell’art. 37 del D.Lgs. n. 285/1992, “la proposizione del ricorso” ha efficacia sospensiva automatica, pena la violazione degli obblighi di ufficio.
Sulla pagina FB “Fiab Faenza” è attiva una raccolta fondi dal basso per sostenere le spese legali”.