«Oggi voglio dire la verità, mi dispiace parlare solo ora. Non l’ho fatto prima perché avevo paura, voglio assumermi le mie responsabilità e chiedere scusa alle persone a cui ho fatto del male. Sono stato io ad aver fatto quello di cui mi accusano. Spero che mia madre possa perdonarmi e di poter avere una seconda possibilità». Era iniziata da poco, la mattina di lunedì 27 marzo, l’udienza del processo d’appello per Alessandro Leon Asoli, il giovane che il 15 aprile 2021 avvelenò il patrigno e la madre con un piatto di penne al salmone, quando l’imputato con un colpo di scena ha confessato il delitto a due anni di distanza.
Aveva sempre negato
Asoli, condannato in primo grado a trent’anni per omicidio aggravato del patrigno e il tentato omicidio della madre, fino ad oggi aveva sempre negato di essere stato lui ad aggiungere il nitrito di sodio nelle pennette al salmone. Per questo aveva impugnato la condanna a trent’anni in primo grado. La Procura invece, che aveva chiesto l’ergastolo, aveva impugnato la sentenza nella parte in cui non si riconosceva la sussistenza dell’aggravante dei futili motivi. Alla fine dell’udienza, la Corte di assise di appello di Bologna ha confermato la condanna a 30 anni per il giovane
Il pianto
Per l’accusa il ragazzo avrebbe ucciso il patrigno, Loreno Grimandi di 56 anni, e tentato di uccidere la madre, Monica Marchioni, per questioni di soldi, per intascare l’eredità. Lunedì mattina, dopo la confessione, l’imputato è scoppiato a piangere e ha lasciato l’aula in lacrime, chiedendo di essere riportato in cella.
fonte Corriere della Sera