“Esprimo forte preoccupazione per le riforme proposte dal governo che, in attesa del sì definitivo per il premierato, hanno avuto ieri quello definitivo per l’autonomia differenziata. 

Se la madre di tutti gli errori risiede nella Riforma del Titolo V voluta da D’Alema, non per questo possiamo continuare a mortificare la Costituzione con riforme che attengono più al desiderio dei governi di rafforzare sé stessi piuttosto che alla necessità di rafforzare la democrazia repubblicana per dare risposte concrete ai problemi dei cittadini.

L’autonomia differenziata accentua le disparità fra territori con la frammentazione delle competenze regionali che infrangerà il principio di uguaglianza che la Costituzione sancisce per tutti i cittadini, indipendentemente dalla regione di appartenenza, finendo col creare un’Italia a due velocità: un Nord sempre più avanzato e un Sud sempre più marginalizzato.

Una situazione inaccettabile che minerà  la solidarietà nazionale e la stessa unità del Paese, incentivando movimenti secessionisti con gravi conseguenze per la stabilità politica e sociale  e col rischio, non solo teorico, che le regioni più povere sprofondino in una spirale di arretratezza mentre quelle più ricche miglioreranno ulteriormente i loro servizi.

Parallelamente, il premierato forte, rafforzando il potere del presidente del consiglio e quasi azzerando quello del Capo dello Stato, finisce con l’erodere il delicato equilibrio tra i poteri esecutivo e legislativo,  con un parlamento ancor più limitato di quanto non lo sia ora nell’esercitare sia iil diritto di rappresentanza sia il dovere di controllo sull’esecutivo, soprattutto  nel prevenire eventuali derive autoritarie. 

Che il combinato disposto di premierato forte e autonomia differenziata rappresenti un pericolo per la struttura democratica e sociale dell’Italia non è solo un timore pregiudiziale ma un vero e proprio spettro, dal momento che entrambe le riforme sembrano ignorare le lezioni della storia italiana, dove l’accentramento del potere ha spesso portato a periodi di autoritarismo, mentre le disuguaglianze regionali hanno alimentato tensioni sociali e politiche. 

Piuttosto che promuovere queste riforme, sarebbe più sensato investire in un processo di riforme che miri a rafforzare le istituzioni democratiche, garantire l’uguaglianza tra le regioni e promuovere forme di partecipazione attiva dei cittadini alla vita politica anziché allontanarli ulteriormente, visti i preoccupanti tassi di astensionismo registrati anche nel voto dell’8 e 9 giugno.

Il taglio dei costi della politica non può avvenire a scapito della democrazia e della qualità del processo parlamentare che, con l’abolizione dell’istituto dei Senatori a Vita, avrebbe un ulteriore abbassamento come recita un famoso monologo di Gaber sulla dicotomia “qualità” e “democrazia”. 

Come repubblicani ci prepareremo a sostenere i referendum per fermare una deriva che stride col buon senso prima ancora che con la difesa della Costituzione.”

 

Eugenio Fusignani