“In merito al comunicato stampa della Uil Fpl e ad alcune dichiarazioni rese da rappresentanti locali della sigla sindacale, ritengo doveroso nei confronti dei dipendenti e dei cittadini che si rivolgono con fiducia ai nostri servizi, per il ruolo che pro tempore ricopro, precisare aspetti rilevanti rispetto a dichiarazioni poco sostanziate dalla realtà dei fatti, in certi casi addirittura non veritiere.
Se quelle dichiarazioni avevano l’intento di riproporre la necessaria attenzione sul diffuso e profondo disagio che le professioni sanitarie (mediche, tecniche e professionali) vivono negli attuali contesti dei servizi sanitari pubblici dei Paesi OCSE, si tratta di una verità inconfutabile rappresentata in molteplici report e documenti nazionali e internazionali, su cui più volte il sottoscritto ha posto la preoccupata attenzione quale elemento di forte crisi del SSN e della sua capacità di continuare a garantire i LEA, ribadendo la oramai improcrastinabilità di politiche nazionali volte alla valorizzazione del personale operante nel SSN, attraverso adeguate politiche salariali e assunzionali.
Se invece l’allarme della UIL fpl denuncia una gestione aziendale delle risorse ottusa e restrittiva che determina “una emorragia” di personale abbiamo dati ufficiali, peraltro più volte rappresentati alle Organizzazioni sindacali, che fotografano una realtà attenta al reclutamento e alla dotazione organica.
Il dato delle dimissioni del personale va correlato a quello dei nuovi ingressi
E’ fuorviante e persino banale correlare le dimissioni del personale sic et simpliciter al disagio del personale sanitario, peraltro senza citare il dato all’entrata di nuove risorse. Innanzitutto, fatto noto, la dimensione aziendale e le conseguenti esigenze di reclutamento rendono necessario procedere continuativamente con le procedure selettive (come facilmente rilevabile dai bandi pubblicati), a differenza di Aziende di dimensioni molto più ridotte. Questa attività concorsuale consente a moltissime persone da molte regioni di accedere al tempo indeterminato, per poi ritornare, appena si aprono le opportunità, alle sedi di provenienza.
Certo, il fenomeno risente dell’incremento dotazionale e delle innumerevoli possibilità di assunzioni avvenute a seguito della pandemia, che ora a distanza di tre anni, attraverso le normali procedure concorsuali, trovano quei fisiologici e naturali flussi di assestamento tra le stesse Aziende afferenti ad una Regione e/o tra le varie Regioni. Condizione che ha sempre contraddistinto e condizionato gli scenari generali, con particolare riferimento al personale sanitario, di ogni ordine e grado. Il nostro Sistema Sanitario locale, regionale e nazionale si è sempre confrontato con tali flussi di mobilità, determinati dal legittimo e fisiologico richiamo al proprio contesto regionale e, di conseguente, ai legami famigliari.
Niente di nuovo sotto il sole, e anche a conferma di questo siamo in grado di fornire tutta la mole di dati necessaria.
Nessuna grande fuga. Parlano i numeri…
Rispetto al 2019, ad oggi il personale è aumentato del 7,8% (+ 1199), certamente per effetto del potenziamento Covid solo in parte riassorbito dalle sostituzioni e dal turnover, con un parallelo e significativo spostamento verso i tempi indeterminati che crescono di 1935 unità a scapito degli indeterminati che si riducono di 760 unità, fissando un totale aziendale di 488 tempi determinati di cui circa la metà del comparto sanitario, rappresentando un dato assolutamente marginale e inevitabile stante l’obbligatorio reclutamento a tempo determinato per la copertura di supplenze. La politica di stabilizzazione è stata peraltro condotta anche durante le assunzioni straordinarie Covid che hanno visto un potente reclutamento dei tempi indeterminati.
Certamente il dato mostra un calo rispetto al personale presente al 31.12.2021 (anno in cui sono state superate le 17 mila unità), attuando un parziale assorbimento del personale COVID rispetto ad assenze e pensionamenti, ma è pressoché in linea con il personale al 31.12.2022, a disconferma di politiche di controllo della spesa fatte a scapito del personale dipendente. Né tantomeno sarebbe sostenibile affermare che, pur esaurite pressoché interamente le attività specifiche dell’emergenza, la dotazione organica implementata nello scorso triennio di circa 1.800 unità di personale – di cui più di 1400 appartenenti alle professioni sanitarie (e 400 operatori socio sanitari) – restasse immutata.
Per quanto concerne la “grande fuga” dalla nostra Azienda, dal 1° gennaio 2022 ad oggi (20 mesi) ci sono stati in Azienda 544 recessi per motivazioni diverse dalla quiescenza e dalla inidoneità al servizio (ma comprensivi del mancato rientro da una aspettativa o per superamento del periodo di prova presso altri enti), di cui 225 medici su 2368 (9,5%) e 319 appartenenti alle professioni sanitarie su un totale di 9180 (3,5%), si tratta in media di 16 unità al mese su 9390 presenze medie delle professioni sanitarie, lo 0,17 per cento. I dati rappresentano come sopra detto un fenomeno di mobilità tra Aziende sostanzialmente costante nel tempo e non è certamente questo l’argomento vincente per una battaglia a favore del nostro SSn e dei suoi professionisti.
L’Azienda è in grado di fornire dettagliate informazioni sulla quota di recessi per spostamento in sedi prossime al luogo di provenienza.
Sicuramente più preoccupante la situazione per quanto concerne la dirigenza medica, la cui carenza e fuga specie per alcune specialità è oramai quotidianamente segnalata da organismi di categoria, associazioni, politici e stampa a tutti i livelli e la cui risoluzione richiede provvedimenti normativi a livello di sistema.
Se ci spostiamo nell’ambito più complessivo della gestione della risorsa professionale, non si nega che sono state attivate nel periodo estivo numerose rimodulazioni dei turni di lavoro nei diversi contesti operativi, sempre comunque nel rispetto dei dettami normativi e con il fine ultimo di garantire la programmazione delle ferie estive dei vari dipendenti e la continuità delle prestazioni e dei servizi sanitari da garantire ai cittadini.
Anche in relazione al trasferimento del personale da un ambito territoriale all’altro, quanto indicato può avvenire in caso di contratti temporanei in scadenza per i quali, non sussistendo le esigenze che hanno richiesto l’assunzione, si propone al personale l’eventuale proroga del contratto di lavoro su altre necessità organizzative di altri ambiti territoriali. Questo garantisce una condizione di opportunità lavorativa ai dipendenti che solitamente apprezzano e accettano l’offerta, mentre altri, senza che la cosa risulti scandalosa, accettano di trasferirsi per un tempo indeterminato qualora in Azienda non ci siano le condizioni per una assunzione a tempo indeterminato. Assunzioni che avvengono secondo un piano dei fabbisogni definito e approvato dal livello regionale.
Quanto all’accesso alla mensa dei tempi determinati
Occorre infine confutare una dichiarazione che non corrisponde alla realtà dei fatti, resa dal rappresentante Uil di Ravenna, circa l’impossibilità di accesso alla mensa dei tempi determinati. Il regolamento sull’accesso alla mensa aziendale garantisce il diritto a TUTTI i tempi determinati. Probabilmente la generica affermazione riportata nell’articolo fa riferimento a quei contratti in scadenza – ma in via di proroga – per cui per una latenza (certamente da correggere) tra scadenza e proroga, a volte il badge viene disattivato, ma subito ripristinato. Con quasi 17 mila dipendenti i disguidi purtroppo accadono, ma si risolvono senza imporre alcun onere, se non appunto risolvere il disguido, a nessun dipendente”.
Tiziano Carradori, Direttore Generale Ausl Romagna