Assoraro, l’Associazione di idee per Ravenna e la Romagna, torna sulle olemiche create dal commissariamento della Camera di Commercio di Ravenna dopo le nuove normative nazionali. Lo fa per voce del suo presidente Paolo Guerra, che chiede al sindaco di Ravenna, Michele de Pascale, di attivarsi per scongiurare il provvedimento o almeno, non potendolo evitare, di richiedere un commissario il cui nome sia condiviso e approvato dalla città di Ravenna:
“Oggi più che mai, di fronte all’imminente ipotesi di un assurdo quanto inspiegabile commissariamento, vorremmo attualizzare nuovamente questo tema allo scopo di richiedere un interessamento del Sindaco di Ravenna che, per svariati motivi, solo in parte giustificati dalla pandemia in corso, non si è ancora espresso su quanto sta per accadere.
In virtù, o a causa, della Legge pubblicata durante il Governo Renzi, volta a ridurre i costi della burocrazia e dell’apparato politico economico del nostro Paese, le Camere di Commercio che non raggiungessero un numero minimo di 75mila imprese iscritte, dovevano accorparsi fra di loro. A titolo di cronaca, Ravenna ne contava 38mila nel primo trimestre del 2020, scese a 34mila nel secondo.
Al di là delle opinioni personali, dell’austerità e della robustezza di ciascuna delle Camere di Commercio e dei campanilismi che da sempre esistono in Italia, per il nostro territorio sarebbe stato plausibile, se non naturale, ipotizzare l’unificazione dei tre organismi camerali romagnoli (Ravenna, Forlì-Cesena e Rimini), alla luce di una costante e progressiva visione che molti imprenditori (e cittadini) manifestano da tempo per motivi culturali, storici oltre che di lavoro, di sviluppo economico e di brand.
Probabilmente per quell’innato egocentrismo ravennate, forse per la (colpevole) mancanza di validi riferimenti politico economici con le altre due città romagnole, ma più verosimilmente per motivazioni che non potremo mai sapere, su nomina dell’allora Ministro Carlo Calenda, quell’innaturale percorso di unificazione fra Ravenna e Ferrara, venne assegnato ad un commissario ad acta proveniente proprio dall’Ente camerale estense.
E veniamo ai giorni nostri. Da una situazione a dir poco controproducente, derivante dall’assenza di Ravenna in quella nella naturale e visionaria Camera di Commercio della Romagna, si giunge addirittura alla beffa del possibile commissariamento del nostro organismo camerale. Ciò in quanto, con la Delibera della Giunta regionale del 20 maggio 2019, a fronte dell’ordinanza del TAR del Lazio 3531 del 2019, l’attuale Presidente Stefano Bonaccini sospende l’accorpamento tra la provincia emiliana e quella romagnola in attesa di chissà quale accadimento (un ravvedimento?). Dopo tale sospensione, con l’art.61 del D.L. 104 “Misure urgenti per il rilancio dell’economia” del 14 agosto sorso il Governo decreta il commissariamento delle Camere di Commercio che entro il mese di novembre non abbiano completato gli accorpamenti richiesti.
Ebbene, se dallo sconforto (padella) nell’aver perso l’ennesima occasione per una visione romagnola che passa anche attraverso l’unificazione delle tre camere di commercio, con lo spirito di rilanciare e sviluppare il nostro territorio verso l’Europa, ora si giunge alla rabbia (brace) nell’assistere al possibile com-mis-sa-ria-men-to della Camera di Commercio di Ravenna. Un ente virtuoso, radicato nel territorio e che ha recentemente distribuito quasi 2 milioni di risorse tra Confidi, bandi anti-Covid, pacchetti per l’Internazionalizzazione e per la Ripresa delle imprese, per la Valorizzazione del territorio.
Visti gli attori di questo percorso, ed essendo riconducibili in buona parte ad esponenti di aree politiche molto vicine al Sindaco di Ravenna, sarebbe auspicabile un suo tempestivo interessamento su questo scenario, quanto meno perché nella malaugurata ipotesi che si giungesse al commissariamento, la nomina non sia decisa sulle strade che portano da Bologna a Roma, ma sia invece condivisa ed approvata dalla nostra città e sia rappresentativa delle imprese e delle criticità di questo territorio”.