Nessun focolaio nelle strutture gestite dall’Asp della Romagna Faentina. L’azienda dei servizi alla persona traccia un bilancio di questi mesi di emergenza sanitaria a pochi giorni dalla fine del 2020, con la speranza rinvigorita dal vaccino per coronavirus le cui somministrazioni dovrebbero iniziare all’inizio di gennaio.
Le strutture gestite attualmente dall’Asp sono attualmente la «Camerini» di Castel Bolognese, la «Bennoli» di Solarolo, la «Santa Caterina e Don Ciani» a Fognano di Brisighella e una parte minoritaria del «Fontanone» di Faenza, che fino a fine anno sarà invece gestita per la maggior parte dalla cooperativa In Cammino.
“Sono ormai nove mesi che si affronta una situazione che ha profondamente sconvolto la realtà quotidiana delle strutture residenziali per anziani che ospitano complessivamente 174 posti residenziali. Nelle stesse sono impegnati circa 200 operatori, tra personale dipendente, lavoratori in somministrazione e personale di cooperativa in convenzione” spiega l’Asp, che ha deciso di mettere in campo in questi mesi sforzi superiori anche alle normative introdotte con i vari decreti: “Per tentare di lasciare fuori da queste strutture il virus abbiamo fin da subito messo in campo una strategia organizzativa molto stringente attraverso l’adeguamento dei protocolli di sicurezza e delle misure interne di prevenzione e protezione e attraverso una significativa trasformazione delle attività e della routine quotidiana all’interno delle Rsa. Se nella prima fase dell’emergenza il pericolo maggiore era rappresentato dal rischio di contagio degli ospiti in caso di ricovero ospedaliero o di accesso al pronto soccorso per la elevata circolazione del virus in tali ambienti sanitari ora le cose sono cambiate. In questa seconda fase, a partire da giugno, è divenuto invece prevalente il rischio di contagio degli operatori. Per dare una sicurezza il più possibile efficace fin da subito abbiamo acquistato ingenti quantitativi di Dpi (mascherine, guanti, camici, occhiali, visiere, cuffie, ecc.), con uno sforzo economico importante (oltre 90 mila euro di investimento). Inoltre, anticipando anche decisioni governative, già da marzo sono state sospese le attività dei Centri diurni. Inoltre a ogni nucleo/reparto è stato assegnato un contingente dedicato di personale, in modo da stabilizzare e circoscrivere i possibili contatti, in caso di eventuale necessità di tracciamento. Da marzo a giugno sono state di fatto sospese le visite agli ospiti da parte di famigliari e amici, reintrodotte da luglio in ambienti esterni protetti dedicati, secondo precisi protocolli sanitari di sicurezza. Visite nuovamente sospese a inizio ottobre a fronte del nuovo progressivo incremento dei contagi. Tutte azioni, che hanno dato fino a ora, risultati positivi, ma azioni non sufficienti per dare la certezza assoluta di non essere colpiti, visto quanto può incidere sul contagio anche il caso”.
I casi ovviamente ci sono stati, ma nessun focolaio precisa l’Asp: “In dieci mesi abbiamo dovuto registrare solo pochi casi isolati di ospiti positivi, quasi tutti al rientro in struttura da ricoveri ospedalieri, e rimasti isolati perché tutti emersi nel periodo di isolamento precauzionale di 14 giorni, obbligatorio al rientro da strutture sanitarie o per eventuali nuovi ingressi. Tra l’altro, l’isolamento precauzionale è sempre rimasto di 14 giorni, nonostante le indicazioni nazionali e regionali consentano di ridurlo a 10 giorni. Per proteggere gli ospiti e per far lavorare gli operatori nelle più elevate condizioni di sicurezza è stato fatto uno sforzo enorme che ci ha permesso di resistere, e già questo è stato e continua a essere un segnale incoraggiante per gli ospiti delle strutture, per tutto il personale e per le comunità intere nelle quali operiamo. Speriamo di continuare a resistere fino al vaccino, speriamo arrivi presto per gli ospiti e operatori delle Rsa e sia davvero efficace, perché un anno di emergenza sanitaria è stato faticoso, logorante, stressante e i nostri anziani e i loro famigliari hanno sempre più bisogno di recuperare, almeno in parte, quella vita normale all’interno delle strutture che appare oggi come un ricordo lontano ed una speranza ancora piuttosto lontana”.
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