Torna anche a Faenza e Ravenna, con l’undicesima edizione, l’iniziativa “Un pasto al giorno”, l’evento solidale per aiutare chi soffre la fame. I volontari della Comunità Papa Giovanni XXIII (Apg23), fondata da don Oreste Benzi nel 1968, saranno in piazza sabato 21 e domenica 22 settembre con un obiettivo tanto semplice quanto importante: mettere in atto un’azione concreta a sostegno di coloro che tutti i giorni devono fare i conti con la scarsità delle risorse e favorire una maggiore consapevolezza sui temi della lotta agli sprechi all’interno della vita quotidiana.
Proprio per questo nel corso dell’evento si potrà ricevere, in cambio di un’offerta libera a sostegno dei progetti alimentari della Comunità, il terzo volume del libro #iosprecozero – e sarà possibile trovare anche il cofanetto con i due volumi precedenti – che propone nelle sue pagine di carta riciclata al 100% una serie di consigli, storie e riflessioni su come ogni giorno si può fare la differenza anche solo con piccole attenzioni e con una visione diversa su ciò di cui si dispone: dalla gestione del cibo, degli oggetti, del tempo, fino al modo in cui affrontiamo la vita, risorsa preziosa per eccellenza.
Ma c’è di più: nel volume, quest’anno, l’Apg23 ha voluto mettere al centro la “sharing humanity”, ovvero un modo più profondo di ripensare tutte quelle “strategie” di condivisione delle risorse che vanno sotto il nome di “sharing economy”, rese possibili anche dallo sviluppo tecnologico. “Bisogna superare – afferma il presidente Giovanni Ramonda – l’approccio legato solo al risparmio e al guadagno. Il bello della condivisione è soprattutto nella relazione con l’altro e nel fatto che ognuno di noi può contribuire a farla crescere, impegnandosi in prima persona, interpretandola in modo innovativo, ampliando la sua azione e i suoi effetti sulla società in cui vive. Condividere è ‘avere in comune’ prima che ‘dividere con’; è uno stile di vita che ci fa vivere insieme agli altri, agli ultimi, combattendo le ingiustizie e le distorsioni della società”.
Tutto quello che verrà raccolto nel corso dell’evento servirà alla Comunità per poter continuare a garantire i 7 milioni e mezzo di pasti che ogni anno vengono assicurati alle 5mila persone accolte nelle sue oltre 500 realtà di accoglienza in tutto il mondo e a tutte quelle persone che si rivolgono in cerca di aiuto nelle mense per i poveri o nei centri nutrizionali. E questa è solo una parte dell’impegno che la Comunità porta avanti per aiutare chi deve fare i conti con la malnutrizione o chi ha bisogno di non essere lasciato solo. Un problema che si fa sentire anche in Emilia Romagna, dove la percentuale di famiglie in condizioni di povertà relativa è il 5,4% (dato Istat sul 2018).
Nella nostra regione la Comunità Papa Giovanni XXIII è attiva con 136 realtà – tra Case Famiglia, Case di accoglienza, Centri di aggregazione – e sono 988 le persone che nello scorso anno vi hanno trovato un punto di riferimento capace di fare la differenza nelle proprie vite. Ma si tratta solo di una parte delle circa 3mila e 500 persone accolte nelle sue 372 strutture distribuite su tutto il territorio nazionale. “La Comunità Papa Giovanni XXIII – continua Ramonda – è fatta di persone comuni che hanno scelto di mettere la loro vita al fianco degli ‘ultimi’, condividendo la casa, le risorse e il tempo, ogni giorno, con chi non ha più nulla. Bambini senza genitori, persone con disabilità, vittime di sfruttamento sessuale o anziani soli, sentendosi accolti e amati, trovano la forza per realizzare il proprio potenziale e diventare una risorsa per quella società che li aveva scartati”.
L’iniziativa “Un pasto al giorno” è stata ideata proprio da don Benzi negli anni Ottanta, dopo il suo primo viaggio in Africa, quando si rese conto che bastavano appena 10 mila lire al mese – l’equivalente di 15 euro oggi – per garantire l’alimentazione giornaliera a una persona malnutrita. Con la visione che nasce dalla “sharing humanity”, la Apg23 continua a portare avanti il pensiero di don Benzi che sosteneva come sia proprio “la condivisione a renderci insopportabile l’ingiustizia, la strumentalizzazione, l’indifferenza”. “Molto si può ancora fare” conclude Ramonda, secondo cui “la sharing humanity è una storia che si può scrivere solo insieme, ripensando il presente per preparare un futuro più accogliente e più giusto. E più felice, per tutti”.