Le ultime notizie attendibili da chi la settimana scorsa è dovuto ricorrere al Pronto Soccorso ospedaliero di Ravenna riferiscono di un medico per 70/80 pazienti nelle 24 ore, con attesa minima di 4-5 ore prima di essere ricevuti da quello di turno. Le poche infermiere che, osservandoti in attesa, si accorgono che stai male non sono autorizzate ad erogarti alcuna prestazione per ridurre il dolore. Molti firmano la liberatoria per potersene andare, cercando di contattare il loro medico di base se ci riescono o rivolgendosi piuttosto ad ambulatori e cliniche private a pagamento oneroso, che molti non si possono permettere.
Questa situazione non rispetta l’art. 31 della Costituzione italiana, secondo cui “la Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite per gli indigenti”. Questa Regione non può proclamarsi all’avanguardia della sanità pubblica.
Il fenomeno di chi, nella lunga attesa di una prestazione medica, lascia il Pronto Soccorso per sfinimento, assumendosene in proprio ogni responsabilità verso se stesso e verso terzi, dovrebbe almeno essere monitorato, condizione base perché possa essere fronteggiato e ridotto a pochi casi giustificabili.
Chiedo pertanto al sindaco, nella sua veste di presidente della Conferenza territoriale socio-sanitaria, organo di indirizzo politico-amministrativo dell’AUSL Romagna, se intende chiedere alla direzione generale dell’ente di verificare quale sia stato, nell’arco di un tempo recente definito, ad esempio luglio 2021, il rapporto tra il numero dei ricoverati presso il Pronto Soccorso ospedaliero di Ravenna e quanti se ne sono usciti senza prescrizione medico-ospedaliera, chiedendo inoltre come la direzione stessa si proponga di affrontarne le anomalie.