21/05/2018 – Sono circa 75 le case famiglia per anziani nel Comune di Ravenna. Il caso dell’Oscar e Patrizia di Sant’Alberto, chiusa d’autorità per maltrattamenti alle ospiti, accertati dai Carabinieri per la Salute (Nas) la notte del 26 marzo, aveva già messo in evidenza, ad un primo approfondimento di Lista per Ravenna, come questa “Casa famiglia degli orrori non avrebbe dovuto funzionare da quasi due anni” (titolo della mia interrogazione al sindaco del 19 aprile, a cui rinvio: http://www.comune.ra.it/Comune/Consiglio-Comunale/Gruppi-consiliari/Comunicazione-dei-Gruppi/Gruppo-Consiliare-Lista-per-Ravenna/Interrogazioni-mozioni-e-ordini-del-giorno-presentati/Casa-famiglia-degli-orrori-non-avrebbe-dovuto-funzionare-da-quasi-due-anni). Se fossero stati effettuati i dovuti adeguati controlli, si sarebbe infatti facilmente constatato che mancava di tutti i requisiti fondamentali richiesti dal regolamento comunale sulle case famiglia. La mia interrogazione ha però aperto un vaso di Pandora, da cui è defluito un quadro diffuso di inadempienze di tali strutture, da un lato, e di latitanza dell’Amministrazione dall’altro.
Quando, nel maggio 2016, il regolamento comunale delle case in famiglia entrò in vigore, scattò una serie di obblighi e requisiti a cui quelle esistenti avrebbero dovuto, a garanzia della qualità e della sicurezza del servizio, adeguarsi entro sei mesi: tra questi, la carta dei servizi prestati alla clientela e la cartella sanitaria di ogni ospite contenente il suo Piano di Assistenza Individualizzato (PAI) e l’attestato dell’Unità di Valutazione Geriatrica sulla sua idoneità ad essere accolto nella struttura, ma soprattutto la presenza di operatori con idonea qualifica o esperienza professionale, coordinati da un responsabile del servizio, in grado di coprire le 24 ore giornaliere con turni settimanali/mensili esposti.
Il SUAP, servizio comunale competente per le attività economiche, informò già nel giugno 2016 tutte le case famiglia dei doveri da assolvere. Nel novembre 2016, scaduti i sei mesi, tornò a notificare a tutte la necessità di mettersi in regola presentando al Comune la documentazione imposta dall’art. 8 del regolamento. Il 27 marzo 2017, la dirigente del SUAP, constatato che 24 case famiglia non avevano ancora risposto, trasmise a ciascuna una diffida a farlo entro 15 giorni, pena le sanzioni previste dal regolamento. Il 10 maggio 2017, scaduto anche questo termine, la dirigente stessa segnalò alla Polizia municipale l’elenco delle 12 strutture che non avevano mai dato segni di vita, ridotte a 10 il 23 agosto con una ulteriore segnalazione, chiedendo “al Comando in indirizzo di valutare l’applicazione delle sanzioni previste dal Regolamento all’art. 7, comma 7”, cioè una multa da 75 a 500 euro. Va precisato, infatti, che “Vigilanza, controllo e sanzioni”, di cui parla l’art. 7, non spettano al SUAP, bensì agli organi specificamente addetti a queste funzioni, di cui quello interno è appunto la Polizia municipale. Tra le 10 case famiglia , 3 di Ravenna e 7 del forese nord e sud, c’era ovviamente l’Oscar e Patrizia di Sant’Alberto.
Una lettera stupefacente
Avendo chiesto al SUAP la settimana scorsa (esattamente il 14 maggio), un rendiconto del suo operato, la risposta che ne ho avuto per obbligo di legge, da cui ho ricavato gli elementi di cui sopra, si chiude però con la lettera seguente, a dir poco stupefacente, indirizzata dal SUAP stesso alla Polizia municipale: “Facendo seguito alla nota del 10.5.17, rettificata con nota del 23.5.17, entrambe inviate al Servizio in indirizzo, con la quale si trasmetteva, ai fini dell’applicazione delle sanzioni previste…, l’elenco delle Case Famiglia che, nonostante le diffide notificate, non avevano ancora presentato documentazione di adeguamento al Regolamento, non essendo a tutt’oggi pervenuta al servizio scrivente informazione in merito, si chiede con la presente di avere notizia circa le azioni intraprese dal Servizio in indirizzo”.
Il problema non è peraltro limitato all’applicazione delle multe, bensì al fatto che le case famiglia in questione, poste di fronte ad una prima sanzione, così ricevendo un segnale che il Comune faceva sul serio, avrebbero potuto essere indotte a comportarsi seriamente esse stesse. Ma soprattutto che si sarebbe dovuto andare oltre, applicando i commi 3, 4 e 5 dello stesso art. 7 del regolamento, i quali affermano che “l’attività di vigilanza attiene alla verifica delle condizioni di comfort ambientale, organizzativo-funzionali e di personale previste per garantire il benessere degli ospiti”: e che, accertata “l’assenza di uno o più requisiti”, deve essere instaurato un procedimento che entro breve termine, perdurando l’inadempienza, “comporta la sospensione dell’attività”, la sanzione più grave sul piano amministrativo. Fuor di dubbio, del resto, che di ogni azione della PM in tal senso, il SUAP avrebbe dovuto essere informato.
In previsione anche della seduta delle commissioni consiliari Servizi sociali e Sanità pubblica, richiesta da Lista per Ravenna, con l’adesione dei gruppi di opposizione, per discutere sugli aspetti normativi delle case famiglia, seduta che avrà luogo il prossimo 6 giugno, si chiede dunque al sindaco quali azioni la Polizia municipale abbia posto in essere riguardo alle segnalazioni di cui sopra ricevute dal SUAP, con riferimento sia al comma 7 (multa), che ai commi 3, 4 e 5 (controlli sul posto e relativi provvedimenti cautelativi) dell’art. 7 del regolamento sulle case famiglia stesse.