Se n’è andato in punta di piedi il giorno dei morti, suonati appena gli 88 anni, facendo pace anche con le sofferenze degli ultimi mesi che ne avevano ridotto e infine stroncato l’inesausta vitalità. Giacomo Baldi non era conosciuto tanto per il nome, quanto per l’immagine, tutt’uno con la macchina fotografica, con cui, nei suoi trent’anni di pensionato per così dire, non ha mancato un appuntamento con ogni cerimonia, celebrazione, ricorrenza o accadimento vario ove si esprimessero testimonianze di fede. Fotografo anche agli eventi speciali della vita cittadina, lo appassionavano quelli sportivi, in primis le partite del suo Ravenna Calcio. Fino ad un anno fa, ha giocato egli stesso a tennis. Arrivava dappertutto in bicicletta, l’altro degli strumenti di cui si serviva – lo ha ricordato don Rosino all’atto dell’addio nella chiesa di Santa Maria Maggiore – per esserci sempre dove ce ne fosse bisogno.
Adesso che molti, capendo da queste poche parole chi era Giacomo Baldi, ne ricorda con un sorriso la mitezza, la dedizione e la bontà d’animo, occorre risalire agli anni della giovinezza, quando, toscano di nascita e di razza, fu spedito a Ravenna come carabiniere e non se n’è più andato, per apprezzare quanto si sia speso per la nostra città. Non appena cessato il lavoro da dipendente del petrolchimico, collocarsi a riposo fu per lui mettersi a totale servizio di volontariato presso l’Opera di Religione, non già solo come fotografo professionista di tutto e di tutti, inviato speciale di Risveglio Duemila per ogni dove, ma come factotum per qualsiasi incombenza, artigiano dei lavori e lavoretti più vari nelle chiese, negli oratori, nelle manifestazioni. Ma non di meno per la gente umile e nascosta, che chiedeva aiuto e una parola buona.
Siccome carabinieri veri si nasce e non si muore, Giacomo, cessato il servizio militare nel 1956, non ha mai cessato di esserlo in ogni suo proposito di bene, nel dire, nell’azione e nel sacrificio di se stessi, come recita la Preghiera del Carabiniere innalzata alla Virgo Fidelis nel suo saluto a questa terra. Socio devotissimo e instancabile dell’Associazione Nazionale Carabinieri di Ravenna, a cui è stato iscritto ininterrottamente dal 1977 rivestendovi anche cariche sociali, oltre ovviamente a quella di fotografo ufficiale, è stato scortato all’altare funebre da un picchetto di carabinieri in congedo con l’uniforme e il labaro. Qui i “Cantori di San Vitale” del maestro Antonio Amoroso, dei quali è stato corista e colonna, lo ha fatto salire alle porte del cielo.
Si può dunque capire con quanta intensità e partecipazione la città di Ravenna abbia salutato nel 2007 l’onorificenza di Cavaliere della Repubblica che il capo dello Stato gli ha riconosciuto per le tante attività sociali ed umanitarie che aveva svolto. La consegna della croce e del nastro da parte del Prefetto ci ha lasciato forse l’unica foto di una cerimonia ufficiale, tra quelle raccolte nel suo immenso album, in cui è stato lui il fotografato.
Non si è visto nessun fotografo mercoledì scorso in Santa Maria Maggiore. Ma c’era, eccome, tutto uno scatto.