«In data 27 agosto 2024, la comunità dei cittadini ucraini di Ravenna, rappresentata dall’associazione Malva, Le ha indirizzato una lettera di protesta per l’affissione, negli spazi pubblicitari a pagamento del Comune di Ravenna, di grandi manifesti anonimi – di cui sopra la riproduzione – con l’intestazione “ITALIA chiama – RUSSIA risponde”. Ritenuti “filo cremlino” e “strumento della propaganda russa”, l’associazione Le ha chiesto, tra l’altro, di “esprimersi su questa ignobile iniziativa”. La sua risposta, datata 29 agosto. esprime “un forte sentimento di sdegno” a fronte di tali manifesti, dissociandosi “con fermezza dal messaggio di falso pacifismo e di evidente propaganda a sostegno dell’inaccettabile e ingiusta occupazione del territorio ucraino da parte di Putin”» così il capogruppo di Lista per Ravenna, Alvaro Ancisi, ha scritto al sindaco di Ravenna Michele de Pascale.

Ancisi riprende altri passi dello scambio via mail fra associazione e primo cittadino: «In concreto, la comunità ucraina di Ravenna aveva però espresso questa istanza: “Non sappiamo chi sono questi autori militanti dell’affissione a Ravenna che non vogliono esporsi apertamente perché nei manifesti non c’è scritto il nome del mittente. Chiediamo se è legittimo mettere i manifesti del genere in anonimato”. Evitando di darle specifico riscontro, la Sua (evasiva) risposta è stata: “I nostri uffici di Ravenna Entrate, fatte le dovute verifiche, ci hanno informato del fatto che prima di concedere l’affissione il manifesto è stato vagliato dalla direzione e non sono state riscontrate le condizioni a norma di legge per vietarne l’affissione”».

«Al riguardo, lo strumento giuridico base, avente valore di legge, è il Regolamento comunale “per la disciplina del canone patrimoniale di occupazione del suolo pubblico e di esposizione pubblicitaria […]”, il quale, all’art. 26: “Richiesta del servizio”, commi terzo e quarto, impone, tra l’altro, che: “Il soggetto passivo, contestualmente alla richiesta di affissione, è tenuto a sottoscrivere un’apposita dichiarazione che gli impone di accettare […] tutti i principi definiti nel Codice di Autodisciplina Pubblicitaria, con particolare riferimento ai principi in esso espressi […] dall’art. 46 relativo alla Comunicazione Sociale. […] Ravenna Entrate SpA […] in caso di mancato rispetto dei principi di cui sopra provvede con le azioni conseguenti (mancata esposizione/affissione, rimozione)”» Ricorda Ancisi, che cita altri articoli.

«L’art. 46: “Appelli al pubblico” del Codice di autodisciplina pubblicitaria, titolo VI: “Comunicazione sociale”, dispone, a sua volta, che: “È soggetto alle norme del presente Codice qualunque messaggio volto a sensibilizzare il pubblico su temi di interesse sociale, anche specifici […]. Tali messaggi devono riportare l’identità dell’autore e del beneficiario della richiesta, nonché l’obiettivo sociale che si intende raggiungere […]”. Manifesti “sociali” anonimi no. Ragion per cui aver consentito l’affissione dei suddetti manifesti è stato un errore, riconoscendo doverosamente il quale, il Comune ha l’obbligo, a norma dell’art. 26 del suddetto proprio regolamento, di procedere immediatamente alla loro rimozione.
Nell’invitarLa formalmente a provvedere in tal senso, Le preciso che la presente diffida è prodotta ai sensi degli articoli 1, 2 e 2 bis (“principi generali dell’attività amministrativa; conclusione del procedimento; conseguenze per il ritardo dell’amministrazione nella conclusione del procedimento”) della legge 241 del 1990 e dell’art. 328 (“rifiuto di atti d’ufficio”) del codice penale».

La lettera è stata inviata anche al Prefetto Castrese De Rosa per «le valutazioni sulle potenziali ricadute di tali “comunicazioni sociali” sulla tutela dell’ordine pubblico».