L’8 luglio scorso i sette partiti che compongono la maggioranza del Comune di Ravenna, con a capo il PD, hanno pubblicato un comunicato stampa congiunto che, sotto il titolo: “Valle della Canna sia patrimonio comune e non terreno di scontro politico”, metteva le mani in avanti sulla seduta della commissione consiliare Ambiente, convocata per lo stesso giorno dal sottoscritto, suo presidente, per discutere appunto sulla condizione della valle Mandriole (o della Canna) in relazione allo stato di siccità” e sugli “interventi in programma”. La preoccupazione, apparsa fin dal principio eccessiva, se non fuori luogo, è stata nettamente smentita dall’andamento stesso del dibattito, che ha dimostrato come il tema sia stato oggetto di un serio e ragionevole confronto politico, niente affatto scontro, come è stato riconosciuto dalla maggioranza stessa al termine e il giorno dopo dalla stampa che ne ha dato cronaca.

L’ALLARME DELLA STAMPA – La settimana prima, la stampa locale, non già l’opposizione presente nel consiglio comunale, aveva lanciato l’allarme sulla Valle della Canna, ricordando “l’incubo siccità dopo la strage di volatili dello scorso autunno”. Il livello dell’acqua, che in luglio, per evitare rischi, non dovrebbe essere inferiore a 30 centimetri, aveva registrato il 1° luglio un +8 scarso.  

PREOCCUPANTE RILEVAZIONE DI OGGI – Di questi interventi, nessuno ha negato l’utilità, ma il punto resta quanto possano essere decisivi allo stato attuale. Vero è infatti che, per quest’anno, l’unica e gradita opera realizzata è stata il ripristino/modifica di una paratoia di Ravenna Servizi Industriali (RSI, società del petrolchimico ravennate), che ha consentito di immettere, tra il 3 luglio ed oggi, 650.000 metri cubi di acqua del Reno nella Valle della Canna. L’operazione, anziché sollevare il livello idrico dell’oasi a 30 centimetri, come previsto, si è arrestata a 18, rilevati oggi da Daniele Camprini alle ore 17.00 tramite l’asta posta sul lato sud-ovest della valle, complice l’evaporazione, che può comportare un centimetro circa al giorno di abbassamento. La rilevazione formale compiuta ieri dal Raggruppamento Guardie Ecologiche Volontarie di Legambiente si era del resto arrestata a 16 centimetri. La preoccupazione non è dunque svanita, lasciando aperta la responsabilità di come fronteggiarla. 

OLTRE I PALLIATIVI – Si può prendere atto che, tra l’anno scorso e quest’anno, si è fatto o progettato per il 2021 quanto realisticamente possibile nell’emergenza. Ma è altrettanto oggettivo che l’opera riconosciuta da tutti come risolutiva, per quanto più impegnativa e costosa, non gode ancora di nessuna prospettiva. Renderebbe infatti più razionali ed efficienti tutti gli interventi sulla rete idrica di alimentazione delle oasi ravennati, non solo Valle della Canna, ma anche Punte Alberete e Bardello, lo spostamento della traversa idraulica esistente sul Lamone dagli attuali 8 chilometri dalla foce a molto più avanti, preferibilmente dopo il ponte sulla statale Romea, allontanando anche in questo modo la dannosa risalita di acqua salata. La sofferenza non data dall’anno scorso, e neppure dal 2015, quando Lista per Ravenna lanciò al sindaco (question time del 15 luglio) il primo allarme, ripetuto solitariamente nelle successive estati, “SULLA VALLE MANDRIOLE IN ASFISSIA, CON RISCHIO DI STRAGE DEGLI UCCELLI ACQUATICI”. La media mensile dei livelli idrici nella Valle Mandriole o della Canna precipitò infatti a cm 12 nel 2011, scendendo via via a misure largamente inferiori negli anni successivi, dopo i 60, 55 e 48 dei tre anni precedenti. Nessun governo del territorio se n’è mai preoccupato. Vogliamo finalmente andare oltre i palliativi? Ci si dica di sì coi fatti, non con gli “eventualmente”. Il Lamone è pronto a darci il rimedio strutturale. Altro che terreno di scontro.