Sul dissesto idrogeologico eventualmente connesso alla costruzione della centrale idroelettrica di Mensa Matellica sul fiume Savio, si è svolta a Ravenna giovedì scorso, davanti al giudice Corrado Schiaretti, la prima udienza preliminare del procedimento a carico di otto imputati accusati a vario titolo, con richiesta di rinvio a giudizio da parte del pubblico ministero Lucrezia Ciriello, di frana colposa (dall’avvio della centrale fino al marzo 2016) e di disastro ambientale (successivamente). Si è costituita parte civile la società Riv srl della famiglia Batani, noti albergatori cervesi, proprietaria di terreni a coltura colpiti da questi eventi, interessata a chiedere un risarcimento dei danni.
Fu Lista per Ravenna, il 30 maggio 2016, accompagnata da un’eloquente dimostrazione fotografica, a lanciare la prima ed unica denuncia pubblica su tale dissesto, accaduto successivamente all’avvio della centrale. Dicemmo allora, confermati dall’indagine giudiziaria: “Fin dal mese di agosto 2015, quando la centrale di Mensa Matellica entrò in funzione, si avviò un processo di erosione delle sponde fluviali nel tratto di circa tre chilometri a monte del paese. Questo fenomeno ha via via assunto forme sempre più preoccupanti, fino a sfociare in un vero e proprio dissesto idrogeologico. Le sponde sono progressivamente franate, abbattendo terreni agricoli privati per oltre dieci metri, fin quasi ad arrivare ad alcune case… La loro forma si è verticalizzata, con altezze anche di sei metri, ponendosi a strapiombo col residuo suolo agricolo… Il sommovimento franoso ha trascinato nel fiume alberi di prima grandezza quali salici, pioppi e ontani…”.
Ponemmo l’indice sulla messa in funzione delle paratoie per la produzione di energia elettrica, che aveva creato a monte un innalzamento del livello idrico di almeno due metri, sollevando in proposito dubbi sul procedimento istruttorio dell’Autorizzazione Integrata Ambientale (AIA). Ci chiedemmo perché la Valutazione d’Impatto Ambientale non avesse constatato il conflitto con le direttive della Regione in materia di derivazioni d’acqua pubblica ad uso idroelettrico, che ammettono nuovi sbarramenti sui corsi d’acqua solo se programmati dalle amministrazioni per ragioni di difesa idraulica. Ammonimmo come fosse in corso di istruttoria la nuova centrale di San Bartolo, costruita peraltro dalla stessa ditta di Mensa, su cui si sarebbe dovuto porre una lente di ingrandimento, e dove poi è successa la grave nota sciagura, anche con sacrificio di una vita umana.
La Giustizia farà il suo dovere. L’accusa e la difesa faranno valere le rispettive ragioni. Ma torniamo a chiedere con insistenza che Regione, Provincia e Comune valutino a fondo e rivedano radicalmente le procedure che hanno consentito di avviare, completare e mettere in atto opere idrauliche di tanto grave impatto ambientale senza evitarne pecche, irregolarità od omissioni drammatiche. Il nostro ruolo è quello di sollecitare la politica a riflettere sui propri errori, affinché per lo meno non ne derivino altri disastri.