Il 13 giugno scorso, quando anche la costa ravennate è stata investita dal maltempo che si è scatenato in Romagna, sono stati avvistati una tromba marina al largo di Lido di Savio e un “funnel cloud”, cioè l’inizio della formazione di un vero e proprio tornado, tra Lido di Dante, Lido Adriano e Punta Marina. Quasi un preavviso, perché, con la forte ondata di temporali e vento forte che il primo mattino del 3 luglio ha nuovamente infuriato sulla costa ravennate, una tromba d’aria ha devastato  (tettoie distrutte, pali divelti, lettini spazzati via) lo stabilimento balneare Federico di Punta Marina Terme. I suoi titolari hanno pubblicato su Facebook un video che mostra i pesantissimi danni subiti dalla struttura. All’interno del bagno Wave i gestori avevano notato con trepidazione che nel cielo stava avanzando in zona una forma cilindrica. Usciti poi in spiaggia si sono accorti che si era abbattuta sul vicino bagno Federico, provvedendo ad informarne i titolari. Altre trombe marine si sono avute sulle coste del riminese. Questi fenomeni fanno seguito a quello devastante avvenuto nel luglio 2023 nel comune di Ravenna.

Eppure agli atti del progetto proposto da Snam per la costruzione del rigassificatore (FSRU) di Ravenna nella zona di Punta Marina, tramite i quali il Commissario Straordinario per l’Emilia-Romagna Bonaccini ne ha autorizzato l’esercizio, figura, tra le risposte della società alle osservazioni presentate dal pubblico, la seguente assicurazione: “[…] si può ragionevolmente escludere il pericolo di trombe d’aria per il sito offshore in esame”, rivolta a quanto osservato rispettivamente da Legambiente e da Rete Legalità Clima e Fuori dal Fossile.

Il noto meteorologo Pierluigi Randi, socio fondatore di Meteocenter srl, afferma che la regione Emilia-Romagna ha registrato in media ogni anno, tra il 2000 e il 2023, contando solo i fenomeni che producono danni a terra, circa 6 tra tornadi e trombe marine. In questo periodo, si sono avute 6 trombe d’aria sulla costa ravennate, 3 su quella cervese e 2 tornadi rispettivamente sulla terraferma a Ravenna e nell’area nord della Bassa Romagna. Più che altro dunque trombe marine.

Il rigassificatore  collegato, per 8,5 chilometri a mare, con Punta Marina, che ne ospita gli impianti a terra, “può contenere fino a 170.000 m3 di gas metano liquefatto – aveva scritto Legambiente nella sua osservazione – con un elevato potenziale esplosivo, con possibili effetti a catena che potrebbero coinvolgere un’area già a rischio incidenti rilevanti. […] Sarebbe opportuno sviluppare un approfondimento specifico in relazione all’entità di eventuali rischi di esplosione o di rilascio di considerevoli volumi di gas, per le infrastrutture vicine e la sicurezza dell’area portuale e della costa”. Approfondimento quindi negato.

L’ing. Riccardo Merendi, avendo depositato presso il Parlamento Europeo una petizione sul rigassificatore di Ravenna, inviata anche alla Procura della Repubblica di Ravenna, contestando a Snam errori progettuali e costruttivi, ha integrato il fascicolo inserendovi i fatti di cui sopra (https://www.europarl.europa.eu/petitions/it/petition/content/1385%25252F2023/html/Rigassificatore%252Bdi%252BRavenna%25253A%252Bprocedura%252Bdi%252Bapprovazione%252Bnon%252Bcorretta: qui la pagina web dell’europarlamento).