Dispiace molto per Fosso Ghiaia, che qualche beneficio di interesse pubblico avrebbe avuto, ma il Piano Urbanistico Attuativo denominato PUA COS 23, che avrebbe occupato i 151 mila metri quadrati delle proprie aree non urbanizzate situate ad ovest della statale Adriatica, non si farà più, prima vittima tra i PUA figli del famigerato Piano Operativo Comunale 2010-2015 ancora sospesi, in corsa spesso affannosa per andare in porto. Il 23 dicembre scorso, l’amministrazione comunale, prendendo atto del mancato deposito entro il 30 novembre 2021 delle garanzie fideiussorie richieste al soggetto privato attuatore del primo stralcio, ha infatti dichiarato risolta la convenzione stipulata, rendendo di fatto irrealizzabile anche il secondo stralcio non ancora pianificato.
Cementificare ovunque ettari ed ettari di terreni agricoli riempiendoli di centinaia e centinaia di appartamenti e decine di supermercati è stata una sfida folle, non solo per l’ulteriore degrado ambientale grazie a cui il nostro Comune è ai primi posti in Italia per consumo del suolo, ma anche per le conseguenze sul tessuto economico locale, a cui masse enormi di nuovi appartamenti producono solo scompensi di mercato e disorientamenti, mentre la proliferazione di grandi strutture commerciali non solo affossa i medi e piccoli negozi, ma rischia di far saltare prima o poi anche qualche colosso.
IL PIANO URBANISTICO – Il COS 23 avrebbe occupato i terreni agricoli di Fosso Ghiaia aventi come confine la Statale Adriatica ad est, il canale delle Gronde a nord, l’insediamento PEEP ed altre aree agricole ad ovest e la via 2 Agosto 1980 a sud, per una superficie edificabile di oltre 23.500 metri quadrati, di cui oltre 20 mila residenziali, con un numero di abitanti stimato in oltre 650. Diviso in comparto nord (primo stralcio) e in comparto sud (secondo stralcio), il PUA specifico del primo, approvato dalla giunta comunale il 4 maggio 2021, comprendeva un’area residenziale organizzata in quattro grandi lotti con villette a schiera, ville uni/bifamiliari, case binate e case a blocco, nonché, sulla parte ad est verso la statale Adriatica, un edificio di 1300 metri quadrati e un grande fabbricato composto di due corpi contigui, destinati rispettivamente ad un supermercato di 1000/1200 metri quadrati di vendita e ad una serie di attività con superficie più ridotta, quali pubblici esercizi, negozi di vicinato e attività terziarie.
SI SALVI CHI Può – La convenzione per l’attuazione di questo primo comparto era già stata stipulata con atto notarile il 10 novembre 2011, ma condizionata al deposito presso l’amministrazione comunale delle garanzie fideiussorie previste dalla convenzione stessa entro il mese stesso, che non c’è stato. Qualcosa non è andato a compimento rispetto forse ad una soluzione attesa? L’impresa è sembrata forse troppo rischiosa? Sta di fatto che il COS 23 non esiste e non esisterà più. Pressoché impossibile che il prossimo Piano Urbanistico Generale (PUG) del Comune di Ravenna, vincolato, con poche motivate eccezioni, al consumo zero del territorio, possa nemmeno immaginarsi una benché ridotta riedizione di questo genere. Chi finora aveva speso e investito risorse proprie non da poco in tale prospettiva edificatoria paga il disastroso POC 2010-2015, confluito in un POC 2016-2021 ancora largamente da vedere, concepiti da un’amministrazione comunale scriteriata e irresponsabile, invano ammonita dai voti fortemente contrari di Lista per Ravenna. Siamo arrivati al si salvi chi può. Attenzione alla sequela di annunci di opere pubbliche che verrebbero a beneficio della città dalla messa in opera di altri PUA in cambio di lottizzazioni spropositate. Il troppo storpia e presenta il conto.