IL COMITATO PER L’ORDINE PUBBLICO – È ormai noto come la decisione di spegnere totalmente l’illuminazione pubblica, dal 21 dicembre al 30 aprile prossimi, nelle ore più buie della notte, non sia stata condivisa dal prefetto di Ravenna e dalle forze di polizia, sia nel Comitato Provinciale per l’Ordine e la Sicurezza Pubblica del 26 ottobre scorso, che in una nota del 4 novembre, per ragioni di tutela della sicurezza pubblica e di salvaguardia di un’ordinata e regolare circolazione stradale. Le stesse ragioni manifestate, all’insaputa di queste prese di posizione, nella mozione pendente presso il Consiglio comunale: “Correggere il taglio drastico della pubblica illuminazione privilegiando la sicurezza e il contrasto del degrado”, pubblicata venerdì 25 novembre, depositata dal sottoscritto e sottoscritta anche dai consiglieri di opposizione Grandi, Ercolani, Verlicchi, Donati, Rolando e Ancarani. La successiva iniziativa dell’opposizione, una marcia pubblica “illuminata”, e la diffusa sollevazione dei cittadini, hanno alzato il livello della discussione, dando forza alla proposta della mozione di rivedere il piano disposto per lo spegnimento dei lampioni. Il prefetto ha annunciato che mercoledì prossimo 7 dicembre il Comitato Provinciale per l’Ordine e la Sicurezza Pubblica si riunirà nuovamente per valutare quanto è accaduto e fare un bilancio. Da parte della Giunta comunale si insiste però a collegare ogni eventuale riforma del piano alla statistica degli incidenti avvenuti durante la sua attuazione, che, ad una prima valutazione, non sarebbe significativa.
SCUSANTI INUTILI – Come nascondersi dietro un dito. I dati sull’incidentalità sono imprecisi e lacunosi, perché non facili ad essere raccolti dagli svariati organi di polizia e di soccorso che intervengono e non vengono neppure conteggiati se il sinistro non produce feriti o, più spesso, se non viene richiesto alcun intervento. Anche i reati compiuti dicono ben poco – comunque molto più numerosi nei primi giorni rispetto a quanto rivelato – innanzitutto perché i delinquenti, pur non soliti ad agire in questo orario, potranno cogliere le maggiori opportunità del buio totale non appena scemerà la vigilanza pubblica di queste prime settimane. Ne avranno tutto il tempo, se non cambia nulla. Ma un’amministrazione pubblica che sia al servizio dei cittadini più che di se stessa, deve agire in tutt’altro modo che aspettare, metaforicamente, il morto che non arriva.
RAGIONI VERE – Sul piatto devono essere soppesati: i danni procurati ai cittadini obbligati, per sentirsi meno insicuri, ad accendere luci all’esterno delle abitazioni, delle strutture commerciali e artigianali, degli esercizi pubblici, ecc., per una lunga durata, con forti consumi di denaro e di energia, laddove il Comune predica il contrario e razzola peggio (il videomapping, la pista di ghiaccio, ecc.); la ritrosia o addirittura la rinuncia delle persone, anche in caso di incombenze da assolvere, specie nel forese, a circolare su strade scure, spesso con buche e insidie diffuse, e specialmente quando imperversino maltempo e nebbia; le angosce di chi comunque deve mettersi su strada in queste condizioni per ragioni di lavoro o di movimento o familiari, quelle delle imprese economiche dove si lavora oltre l’una di notte, quelle dei pedoni che non possono neppure intravvedere dove siano le strisce di attraversamento della strada.
UN DIALOGO APERTO – Questo ci auguriamo sia valutato nel Comitato di mercoledì, dimodoché si possa poi discutere democraticamente in consiglio comunale non se cambiare qualcosa o niente, ma come migliorare apprezzabilmente il piano di riduzione dell’illuminazione pubblica. L’opposizione ha avanzato diverse proposte. La maggioranza potrà esporne delle altre. Se c’è dialogo si può trovare una soluzione unitaria. Altrimenti è buia anche di più la politica di partito.