“Dopo le incessanti celebrazioni del grande progetto “Hub portuale di Ravenna”, in corso di attuazione a suon di centinaia di milioni, volto a più che raddoppiare il traffico dei container movimentati, è finita sotto il silenziatore la mozione  del sottoscritto, a nome di Lista per Ravenna, firmata anche da Forza Italia, Viva Ravenna e Fratelli d’Italia, discussa in Consiglio comunale martedì scorso, che documenta invece “una situazione preoccupante per il porto di Ravenna”.

DATI INQUIETANTI – I dati definitivi dei porti italiani nel 2023, mentre hanno registrato un lieve calo del traffico merci nazionale rispetto al 2022, hanno mostrato infatti una grave perdita dell’8,2% nello scalo ravennate, proseguito con un -4,2% nel periodo gennaio-settembre 2024. Nello specifico del traffico container, siamo scesi dolorosamente del 5,3%, dai 228 mila TEU del 2022, suo massimo storico, ai 217 mila del 2023, di cui 190 mila nel terminal della Sapir, società di proprietà pubblica maggioritaria, e 27 mila nel terminal di Setramar, società privata. Il calo è stato inoltre peggiore nei primi nove mesi del 2024, con 12 mila TEU in meno, pari ad un ribasso del 7,3%. Eppure, dalla Fase 1 del progetto Hub portuale, che ha abbassato i fondali del porto-canale dai ventennali 10 metri ai 12,5 attuali, unico obiettivo condiviso dal Consiglio comunale, si è passati anticipatamente, con la Fase 2,  a scavarli fino a 14,5 metri, addirittura anche in mare, per 17 chilometri oltre la sua imboccatura, al fine di costruire, nell’area Trattaroli Destra, su 360.000 metri quadrati di terreno vergine, un nuovo maxi terminal container della Sapir, destinato, dichiaratamente, a “movimentare 500 mila unità di TEU”, rispetto agli appena 190 mila attuali del proprio terminal San Vitale.  22 anni fa, quando SAPIR costituì la società pubblico-privata TCR (Terminal Container Ravenna), l’obiettivo fu di raggiungere rapidamente 300 mila TEU, quanti ne può contenere questo terminal, da cui tuttavia TCR è rimasta sempre lontana, pur cantando sempre vittoria. Gli effetti della crisi di Suez nel primo trimestre 2024 sui container movimentati nei maggiori porti italiani, mentre sono stati discretamente sostenuti a livello nazionale, ponendo invece in sofferenza i porti adriatici, hanno prodotto nel porto di Ravenna una riduzione schiacciante del 15,8%. Nel secondo semestre 2024, l’indice sul grado di integrazione degli stati internazionali nella rete mondiale dei trasporti marittimi su container, stabile per il nostro paese, ci ha posto, essendo calati dell’11%, al 12° posto su 15 della graduatoria nazionale, precedendo solo porti minori e marginali.

DIFFICOLTà DEL PORTO-CANALE – Per la sua natura di porto-canale, lo scalo ravennate fattura servizi più costosi della concorrenza, essendo inoltre penalizzato fortemente dagli scarsi e deficitari collegamenti stradali e ferroviari. In ogni caso, qui le navi più grandi non potranno mai entrare, non tanto per il pescaggio, quanto per la curva del porto-canale cosiddetta “di Marina di Ravenna”, troppo stretta. Ne deriva che il porto di riferimento dell’Emilia-Romagna non è questo “casalingo” di Ravenna, come il sindaco de Pascale recita sempre, bensì quello ligure di La Spezia, dove scalano navi da 20 mila TEU, che nel 2023 sono stati 1 milione e 139 mila. I porti di Genova e Savona, altro esempio, hanno mantenuto traffici stabili dopo la crisi nel mar Rosso, grazie ad una riorganizzazione delle attività che, producendo un aumento delle attività di trasbordo da navi madre a navi minori, hanno favorito il traffico container (+17,9% nel periodo della crisi, +5,5% dopo 9 mesi nel 2024). Il porto di Ravenna non è però un porto adatto ai trasbordi, non solo per la posizione geografica, ma anche per l’impossibilità di accogliere navi madre.

CAMBIARE MARCIA – Da questa analisi, assolutamente oggettiva e con dati autorevolmente certificati, la mozione ha tratto ragione per chiedere una  riflessione sull’immediata creazione di un nuovo terminal container in Trattaroli Destra, fermo restando che la banchina già realizzata può essere utilizzata proficuamente per altre attività  (traffico delle auto BMW verso l’Asia, bacini galleggianti per costruire i cassoni della diga frangiflutti a protezione del rigassificatore…), e considerando come la dorsale ferroviaria, alla quale il terminal in Largo Trattaroli dovrà essere necessariamente collegato, oggi ferma all’altezza della Docks Cereali, stia subendo un grave ritardo rispetto alla previsione di essere realizzata entro il 2025. Abbiamo dunque proposto di sospendere la realizzazione del nuovo terminal container in Largo Trattaroli, nell’attesa di verificare che si avverino condizioni rassicuranti per la sua piena produttività, orientando invece (si può, lo si è sempre visto) l’uso delle risorse finanziarie disponibili o acquisibili verso opere rivolte a potenziare la funzionalità e l’attrattività del porto esistente, ad introdurre collegamenti ferroviari e stradali che ne riducano decisamente le attuali deficienze e ad abbattere i costi dei servizi portuali.

VOTO PREGIUDIZIALE – È bastato il solo intervento del consigliere Haxhibeku per il PD  a far bocciare rapidamente dalla maggioranza la mozione della minoranza, ma con l’assenza al momento del voto dei consiglieri Perini e Schiano, rispettivi capigruppo della Lista de Pascale e del Movimento 5 Stelle, per il resto presenti tutta la seduta. Il documento resterà a verbale come monito per quando i nodi del porto di Ravenna dovessero, già notevoli, venire al pettine.”