È di ieri la notizia della conclusione delle indagini penali sul crollo della diga di San Bartolo, posta sul fiume Ronco a servizio di una centrale idroelettrica, che ha provocato la morte del tecnico ravennate della protezione civile Danilo Zavatta, oltre al blocco della statale Ravegnana per dieci mesi. Un dissesto ambientale costato anche 3,5 milioni di denaro pubblico. Tra i nove indagati, figurano, oltre ad amministratori e tecnici della parte privata, i quattro funzionari pubblici da cui discese il via libera dell’opera per la compatibilità ambientale e l’autorizzazione idraulica, dirigenti rispettivamente dell’agenzia per la sicurezza territoriale e la protezione civile (Astpc ) della regione, di Ravenna e di Forlì-Cesena, nonché della protezione civile regionale per l’Area Romagna. Nel luglio scorso, i primi due sono stati indagati anche per le frane avvenute lungo tre chilometri delle due sponde del Savio, con la caduta della vegetazione riparia e la scomparsa dei rispettivi habitat, per via del grave deterioramento dell’ecosistema fluviale. In questo caso, la causa è attribuita alla realizzazione della centrale idroelettrica di Mensa Matellica ad opera della stessa società che poi ha costruito quella sul Ronco. Il 30 maggio 2016, quando fu Lista per Ravenna a lanciare pubblicamente l’allarme per la calamità ambientale in corso, fummo purtroppo cattivi profeti inascoltati, quando, fin dal titolo, scrivemmo: “Dissesto idrogeologico a Mensa Matellica. Attenzione ad altra centrale da costruire a San Bartolo”.
Non siamo per niente fieri di avere annunciato un disastro. Auguriamo sinceramente, anche ai funzionari pubblici coinvolti nelle due indagini, ancora peraltro al loro posto, di dimostrare innocenza e buonafede. Ed è giusto che su questi molteplici avvenimenti l’amministrazione pubblica aspetti i pronunciamenti definitivi della magistratura. Ma già il 14 agosto 2019, rivolgendo al sindaco di Ravenna un’interrogazione che ha ricevuto risposta negativa, chiedemmo che le procedure tramite cui sono state avviate e completate opere idrauliche di tanto impatto e complessità fossero messe sotto la lente d’ingrandimento per individuarne pecche ed omissioni e procedere quindi ad una loro organica revisione. Dopo i casi di Mensa Matellica e San Bartolo non deve essercene un terzo, dicemmo, chiedendo tra l’altro che fosse costituita una commissione tecnica qualificata da incaricare allo scopo, rappresentativa degli enti e delle agenzie di parte pubblica competenti in materia, anche statali, quali i carabinieri forestali. Torniamo con insistenza a chiedere che non si resti con le mani in mano in attesa di altri disastri. Ravenna ha sofferto e pagato anche troppo.