“Le principali innovazioni normative introdotte dalla Regione Emilia-Romagna con legge n. 24 del 2017, scritte nella presentazione digitale, furono: “Contenere il consumo del suolo introducendo il principio del consumo del suolo a saldo zero. Per realizzare tali obiettivi la nuova legge richiede ai Comuni di dotarsi, entro tempi certi e brevi, di un nuovo piano urbanistico, il quale deve essere orientato al riuso e alla rigenerazione del territorio urbanizzato”. Da allora ad oggi è successo l’esatto contrario: un feroce maggiore consumo di suolo, a cui il Comune di Ravenna ha concorso più di ogni altro della regione. Lo attesta il rapporto sul consumo di suolo effettuato dall’ISPRA (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale) sull’anno 2021, presentato il 26 luglio scorso e così commentato dall’Istituto in generale: “Quello che emerge è il quadro allarmante di un paese in cui il consumo di suolo ha ricominciato a galoppare dopo anni in cui sembrava esserci una leggera flessione. Per dare un numero: già nel rapporto precedente (2019) si denunciava che in Italia venivano persi 55 chilometri di suolo, ovvero una nuova città grande quanto Bologna, fatta di case, chiese, palazzi e strade, costruita in un solo anno. Nel nuovo rapporto la situazione peggiora drasticamente, sfiorando la cifra record di 70 chilometri quadrati di suolo consumato. Parliamo cioè di 19 ettari al giorno, 2,2 metri quadrati al secondo”.
Ed ecco che, nel 2021, la Regione Emilia-Romagna si è classificata al 3° posto in Italia, dopo solo la Lombardia e il Veneto, sia in assoluto che in proporzione all’estensione territoriale, consumando 200.320 ettari di suolo, quasi un decimo di tutta l’Italia. Ravenna svetta al primo posto tra i suoi capoluoghi di provincia con 7.113 ettari, 69 ettari in più che nel 2020 e 454,58 metri quadrati per abitante: dati enormemente superiori a quelli di tutti gli altri capoluoghi, ma sicuramente anche di tutti gli altri Comuni della regione stessa. Fa poco testo la graduatoria delle province emiliano-romagnole, essendone quella di Ravenna la più piccola (e la 74.a tra le 107 d’Italia), nella quale, comunque, il Comune di Ravenna ha “bruciato” da solo nel 2021 quasi la metà di quanto consumato nell’intera sua provincia (18.890 ettari).
Si accumula anidride carbonica nell’atmosfera e cresce dunque il riscaldamento globale
Ogni volta che Lista per Ravenna dà notizia di tante nuove lottizzazioni nel nostro Comune, con migliaia di alloggi e decine di super ed ipermercati, non manca una piccola minoranza di lettori che ribatte come i nuovi investimenti producano anche – ed è vero – servizi per i cittadini, opere pubbliche, posti di lavoro, ecc. Come se, consumando a dismisura terreno vergine, quasi sempre agricolo, oltre a mettere in difficoltà la produzione alimentare, su cui si basa la vita umana, il problema ricadesse sulle future generazioni. Non è così. Noi viventi ne stiamo già pagando un alto prezzo: tutti, ad esempio, con la siccità e le alterazioni climatiche, ma la maggior parte anche sul piano economico, coi rincari delle bollette e degli acquisti.
Il consumo di suolo mette infatti a rischio la transizione ecologica: “In pochi sanno che il nostro futuro dipende dallo strato sottile che si estende sotto i nostri piedi. Il suolo e la moltitudine di organismi che in esso vivono, ci forniscono cibo, biomassa, fibre e materia prima, regolano i cicli dell’acqua, del carbonio e dei nutrienti e rendono possibile la vita sulla terra” (Commissione dell’Unione Europea, 2021). “Sul suolo camminiamo, coltiviamo il cibo, costruiamo le nostre case. Ma il suolo – insieme agli oceani – è anche uno straordinario deposito di carbonio, una sorta di magazzino di anidride carbonica che, quando funziona, ne impedisce l’ulteriore accumulo in atmosfera, evitando così che il riscaldamento globale si aggravi ulteriormente”.”