Delle ragioni per cui il tratto secolare della Strada Statale 67 chiamato via Ravegnana, che collega due capoluoghi di provincia come Forlì e Ravenna tramite una specie di pericolosa e tragica mulattiera, non fosse degno di sopravvivere fino al nuovo millennio, la Regione Emilia-Romagna non s’è mai preoccupata, neppure negli anni tra il 1998 e il 2019 in cui è stato approvato e via via aggiornato il PRIT, primo Piano Regionale dei Trasporti. C’è voluta un forte insistenza dell’opposizione al governo locale, a cui ha largamente concorso Lista per Ravenna, e a quello regionale, in particolare della Lega Nord, perché la Ravegnana entrasse nel PRIT 2025, adottato appunto il 10 luglio 2019.
Una realistica valutazione delle opzioni studiate da ANAS nel 2020 ha portato la Regione a scartare due “nuove Ravegnane” rispettivamente ad est e ad ovest di quella vecchia, ritenute troppo costose e di difficile e complessa fattibilità, a favore di una notevole ristrutturazione del suo tragitto: in estrema sintesi, allargamento da 7,5 a 9 metri, due varianti per aggirare gli abitati di Coccolia e Ghibullo, eliminazione delle intersezioni a raso con altre strade, due nuovi innesti rispettivamente a Forlì e a Ravenna, costo di 85 milioni.
Ciò non toglie che il progetto sia rimasto da allora al punto zero. Primo passo di una lunga camminata, almeno da avviare, sarebbe il progetto preliminare di fattibilità, su cui a fine aprile scorso l’assessore regionale alle Infrastrutture, il ravennate Andrea Corsini, ha però illuminato i cittadini ravennati affermando che è stato affidato ad ANAS, alla quale costa 9 milioni di euro, di cui 1 milione e 250 mila erogati dalla Regione, ma soprattutto che “arriverà a giugno”, sottinteso 2022.
Passati, in trepida attesa, l’intero scorso giugno e una settimana di questo luglio, senza che nessuno ne abbia dato notizia, giova chiedere al sindaco conferma che la nuova Ravegnana concepita sia venuta alla luce, dimodoché possano esserne mostrati al consigliere interrogante ogni sembianza e lineamento.