Non si è saputo niente dei rimborsi ai cittadini danneggiati direttamente dalla chiusura della Ravegnana. Il 19 marzo, la Giunta De Pascale propose al Consiglio e la sua maggioranza approvò una delibera con cui sarebbero stati concessi tagli alle tasse sui rifiuti, l’ occupazione di suolo pubblico e la pubblicità, alle “imprese localizzate nell’area oggetto di preclusione al traffico”, vale a dire solo il tratto chiuso, di cinque chilometri. Un magro topolino, anche perché su questo tratto le imprese si contano con una mano, non occupano suolo pubblico e non fanno pubblicità sulle strade del Comune. L’assessore Cameliani disse però “che l’area di esenzione non è solamente quella riguardante il tratto di strada precluso indicato in delibera ma riguarderà un’area più ampia che verrà definita dalla giunta con atto successivo”. Si restò in attesa di conoscere come si sarebbe potuto deliberare una cosa e farne un’altra, che l’impostazione scelta vieta per legge.

L’impostazione data al problema da Lista per Ravenna, con un emendamento alla delibera della Giunta e con un ordine del giorno bocciati dalla maggioranza, perseguiva invece obiettivi proporzionali agli effetti devastanti che la chiusura della Ravegnana per dieci mesi ha imposto ad una platea assai più vasta. Il diritto ai rimborsi sarebbe stato riconosciuto sia a tutte le imprese interessate attive nelle aree territoriali di San Pietro in Vincoli, di Roncalceci e di Ravenna Sud (in particolare San Marco e San Bartolo), sia ai cittadini residenti o attivi in tali aree i cui danni fossero dovuti ad esigenze lavorative o familiari opportunamente attestate: alla Giunta sarebbe andato il compito di stabilire quali parametri oggettivi adottare per definire le somme da concedere ai richiedenti in regola, da corrispondere sotto forma di contributo, non di sgravio fiscale. Tutto in piena legittimità, applicando il regolamento comunale dei contributi che la Giunta comunale utilizza a man bassa, anche per ragioni meno nobili.

In Consiglio, l’assessore aveva aggiunto che, rispetto ai rimborsi minimi deliberati, si stava “agendo con tempestività” per definire “l’individuazione dell’esatto perimetro di esenzione, il periodo di esenzione e le modalità di applicazione della misura agevolativa”. Mentre per i periodi di esenzione si sarebbe dovuta aspettare la data fatidica di riapertura della Ravegnana, il perimetro su cui applicare i benefici fiscali e le modalità della loro applicazione avrebbero dovuto essere fissati, appunto, con tempestività”, così da riconoscere i benefici non appena riaperta la Ravegnana. Passati ormai cinque mesi nell’insolito vuoto informativo della Giunta comunale ed essendo imminente la riapertura della Ravegnana, il 15 agosto ho dunque fatto richiesta al dirigente del Comune più direttamente competente di avere, riguardo a quanto promesso dall’assessore, copia degli atti o dei referti, relazioni, accertamenti o altro al medesimo scopo prodotti; e comunque di fornirmi le informazioni utili circa le attività al riguardo che fossero eventualmente in corso o da farsi”. Per legge, niente può essere negato ai consiglieri di quanto sia in possesso degli uffici comunali, non soltanto atti formati, ma ogni carta scritta di qualsiasi genere o supporto tecnologico o informazioni anche verbali. Le risposte devono essere date entro cinque giorni.

È seguito invece un palleggiamento tra tre servizi, che si è chiuso dopo due settimane senza la consegna di una carta, con la sola informazione che si stanno ultimando alcune verifiche sul posto, lungo la via Ravegnana” e che, mancando la deliberazione della Giunta comunale, provvedimento finale, “non è possibile, in assenza di tale atto, determinare e quindi fornire i dati richiesti”: come se il perimetro delle aree interessate fosse potuto cambiare dopo il 19 marzo e le modalità di applicazione dei benefici non fossero indipendenti dal periodo di chiusura della Ravegnana: risposte che ho chiesto e che mi sono state negate. Le “verifiche sul posto, lungo la via Ravegnana” si stavano peraltro già facendo prima del 19 marzo, come Cameliani aveva detto in Consiglio.

Gli uffici, che sono la macchina comunale, e la Giunta che ne è l’autista, sono stati dunque con le mani in mano per cinque mesi, tanto non ci sono multe da incassare, bensì soldi da versare. Secondo chi governa la nostra città, questi soldi, pochi e maledetti che siano, non vanno spesi subito, ma chissà quando. Non vorrei credere che, essendo la Giunta comunale in un vicolo cieco rispetto alla promessa di estendere gli sgravi fiscali ad un’area più ampia di quanto a norma di legge consenta l’impostazione scelta, ogni richiesta di informazione rivolta ai dirigenti degli uffici debba tradursi in una via crucis della trasparenza. Lo vedremo.