LA PRIMA PROROGA DEI LAVORI – La ricostruzione, al costo di 2,8 milioni, del ponte Grattacoppa sul fiume Lamone, in località Torri di Mezzano, fu affidata alla RCB di Bologna, vincitrice della gara d’appalto, il 12 febbraio 2020, con l’obbligo di consegnare l’opera ben fatta al Comune entro il 26 febbraio 2022. Non poco per un impalcato di 120 metri. Qualcosa non è però andato bene, perché già il 10 settembre 2021 RCB richiese al Comune, non per propria colpa, una proroga dei lavori. L’ottenne solo il 23 febbraio, appena tre giorni prima del termine imposto. Nuova fine dei lavori il 27 maggio, al netto delle successive operazioni di collaudo e di riorganizzazione della segnaletica e della circolazione viaria. Ciò non ha impedito alla Giunta de Pascale di porre in atto pochi giorni dopo, quando sono state posate le tre campate del ponte, un grande evento festoso, con dispiego di gru, autocarri e lampi di foto, nonché di esultare perché l’apertura al traffico del nuovo ponte è prevista per la primavera’. Ritenni doveroso, sapendo che sotto sotto ci sarebbero stati nodi da sciogliere con l’impresa costruttrice, rivolgere al sindaco l’interrogazione: Illusoria riapertura del ponte Grattacoppa. Il mistero delle terre armate, chiedendo chiarimenti e copia di documenti che mi sono stati indebitamente negati.
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RINVIO A CHISSÀ QUANDO – Da allora tutto è andato a rilento. Finché il 15 maggio è arrivato a Lista per Ravenna questo grido di dolore: I lavori sul nuovo ponte sono fermi da almeno 15 giorni. Avete notizie? Qui a Savarna nessuno sa niente di certo. Notizie nessuna, ma la certezza che a tutt’oggi, mancando quattro giorni alla scadenza dei lavori, il Comune non ha ancora autorizzato alcun ulteriore rinvio. Una sconvenienza, giacché i cittadini del forese nord di Ravenna, le cui libertà e necessità di circolazione stradale sono gravemente impedite dall’infinita chiusura del ponte ‘strategico’ che collega Torri a Savarna, avrebbero almeno il diritto di essere informati di quello che succede, anziché essere di volta in volta beffati. Venerdì scorso si è fatta però sentire, informalmente, l’assessore ai lavori pubblici Del Conte. Affermando che, essendosi in attesa dei materiali necessari per realizzare le ‘terre armate’ sulle due rampe laterali di accesso al ponte, a causa delle difficoltà del settore edile ad approvvigionarsi per la guerra in Ucraina, non è in grado di definire la nuova data di fine lavori prima dell’arrivo delle forniture. Al contrario, il dirigente comunale del servizio Strade deve però autorizzare obbligatoriamente un’ulteriore proroga precisandone il numero dei giorni. E lo deve fare entro mercoledì prossimo, vigilia della scadenza attuale, avendo anche il dovere di indicarne motivazioni meno vaghe e di richiamarne la documentazione.
LE TERRE ARMATE – Le ‘terre armate’ (o ‘rinforzate’) rappresentano in genere, per le opere stradali, una soluzione alternativa ai muri di calcestruzzo. In questo caso, sono gli argini del fiume che, per il loro sostegno, richiedono di essere costruiti con angoli di scarpata superiori all’angolo limite naturale del terreno. L’assessore stessa ha spiegato che l’adeguamento delle rampe consiste nel doverle sollevare perché il nuovo ponte è più alto di quello precedente. A questo punto, l’uomo della strada si chiede: ‘Ma non lo sapevano prima?’. È il ‘mistero delle terre armate’ di cui dicevo. Mistero però fino ad un certo punto, perché il 10 settembre 2021, quando RCB chiese di prorogare il termine contrattuale dei lavori, allora fissato al 26 febbraio 2022, la causa era l’esecuzione di opere relative ai rilevati stradali ed alla variante sulle terre armate, per le quali il Comune stesso aveva espresso la necessità di modificare quanto previsto nel progetto a base di gara, con la conseguente redazione di nuovi elaborati e nuovi prezzi, quindi di una Variante in corso d’operaì. Tutto ciò è stato poi fatto con grave ritardo. Solamente eseguendo la bonifica da ordigni bellici ci si era accorti che il progetto dell’opera conteneva delle difformità rispetto alle planimetrie catastali, tanto che le aree di intervento ricadevano impropriamente sulle adiacenti proprietà private poste sia dal lato di Torri che di Grattacoppa. E sta di fatto che solamente il 17 marzo 2022, sei mesi dopo la segnalazione di RCB, il Comune ha affidato ad una società di Forlì l’incarico di progettare le ‘terre armate’, ‘lato Torri in pietrame, lato Grattacoppa in terra rinverdita’. Sono questi i materiali introvabili?
CHIARIRE CAUSE E RESPONSABILITÀ: Difficile dunque credere che sia colpa della guerra in Ucraina se, dopo due anni e tre mesi e mezzo dalla consegna dei lavori alla RCB, è impossibile sapere se il nuovo ponte Grattacoppa venga aperto almeno nell’estate del 2022. Per fare almeno chiarezza sulle reali cause e responsabilità, si consegni almeno al sottoscritto consigliere comunale, che ne avrebbe diritto, tutte le riserve scritte avanzate da RCB al Comune, a cominciare da quelle del 17 dicembre 2021 e del 1° febbraio 2022. Neanche fossero segreti bellici.
Alvaro Ancisi
(capogruppo di Lista per Ravenna – Polo civico popolare)