Il 19 settembre scorso, il Comune di Ravenna ha ordinato la sospensione di ogni attività della casa famiglia posta in via Zagarelli alle Mura, dove sei giorni prima era esplosa la vicenda dei maltrattamenti subiti dagli anziani ospitati, soprattutto da una donna di 94 anni. La motivazione del provvedimento attiene alla mancata comunicazione al Comune dell’inizio attività entro i 60 giorni consentiti dalla legge regionale, inizio avvenuto in realtà cinque mesi prima. In sostanza, la casa famiglia è stata sospesa non per gli abusi compiuti, competenza della magistratura penale, ma perché essa stessa abusiva.
COMPETENZE DELLA POLIZIA DI QUARTIERE
Questo nuovo caso ha aperto il fronte, finora inimmaginabile, delle case famiglia clandestine, perciò sottratte ai necessari controlli dell’amministrazione comunale, per quanto finora scarsi e inconcludenti. Ma non può essere che degli esercizi pubblici quali sono le case famiglia, classificate come imprese alberghiere, operino per mesi e mesi all’insaputa del Comune. L’intero territorio dovrebbe essere infatti presidiato dalla Polizia municipale con la propria Polizia di quartiere. Dovendo essa, per definizione, garantire un punto di contatto con la cittadinanza, attraverso il controllo capillare del territorio, la compongono 77 agenti, di cui 8 direttivi,sui 200 dell’intero corpo, esclusi quelli estivi.
Stare a contatto con chi vive e lavora sul posto significa rendersi conto di ogni attività che vi si svolge, cogliendo le situazioni che richiedono di essere monitorate. È in questo modo che si può fare prevenzione degli abusi e dei reati, non solo qualche repressione sporadica e tardiva, dietro segnalazione dei cittadini. Sulle case famiglia si scarica uno dei problemi più angosciosi della società doggi. Per la delicatezza del servizio che svolgono e la fragilità delle persone che ospitano non possono nascere come funghi senza che le rispettive comunità se ne accorgano. L’unica struttura abusiva finora intercettata, causa il clamore esterno dei maltrattamenti, si aggiunge ad altre otto sparse ovunque con lo stesso nome, registrate in Comune.
CONOSCERE BENE LE CASE FAMIGLIA DA QUANDO PARTONO
60 giorni per registrarsi era un’assurdità: La Regione se nè accorta, inserendo nella propria legge n. 11 del 27 luglio 2018 la norma secondo cui: Il soggetto gestore non può iniziare l’attività prima della data di presentazione della SCIA Segnalazione Certificata di Inizio Attività) all’amministrazione comunale competente. Per il Comune di Ravenna, la segnalazione deve essere corredata da un’autodichiarazione che attesti il possesso dei requisiti soggettivi richiesti dalla legge al gestore, ma anche la rispondenza alle norme del regolamento comunale sulle case famiglia da parte dell’immobile, degli impianti, degli arredi, delle dotazioni, ecc., nonché delle condizioni organizzative attinenti alle figure professionali qualificate richieste, alla Carta dei Servizi, al registro degli utenti. Le dichiarazioni false sono punite dal codice penale.
Quanto sopra rende indispensabile che, per vigilare preventivamente sulla corretta segnalazione di inizio attività delle case famiglie, ora obbligatoria fin dal primo giorno, nonché per un primo controllo amministrativo sulla rispondenza della SCIA e della connessa autodichiarazione a quanto dichiarato dai gestori delle case famiglia, preesistenti o in avvio, sia necessario assegnare un preciso incarico alla Polizia municipale. Queste attività di primo livello, a cui conseguano i provvedimenti repressivi dovuti, potranno essere svolte dalla polizia municipale in autosufficienza; almeno fino a che non si evidenzi la necessità di interventi dell’AUSL, che in ogni caso sono necessari per il secondo livello dei controlli, attinenti agli aspetti sanitari.
In tal senso – fermo restando che simpone con urgenza un aggiornamento complessivo del regolamento comunale, come ho più volte sostenuto – interrogo la disponibilità del capo dell’Amministrazione.