Le tre proposte studiate da ANAS per una “nuova” Ravegnana tra Ravenna e Forlì rappresentano il primo miglio del lungo percorso che deve portare a realizzarne una, anziché il solito annuncio preelettorale, tra i tanti che restano sogni nel cassetto.
Essendo i sindaci delle due città di opposto colore, la soluzione preferibile impone un accordo bipartisan, che una volta tanto dovrà avvenire alla luce del sole, coinvolgendo anche le rispettive opposizioni. Ma è però necessario che Stato e Regione dicano prima quanti soldi mettono a disposizione e con quali scadenze, affinché, rendendo anche chiari i prevedibili tempi di costruzione di ciascuna ipotesi, si possa, in relazione all’entità e alla complessità dei lavori richiesti da ciascuna, scegliere quella “economicamente più conveniente”, come si dice in termini tecnici.
L’IPOTESI MENO COMPLESSA – Se avvolgiamo il nastro anche solo agli albori dell’attuale mandato elettorale del nostro sindaco De Pascale, bisogna però ricordare che, alla vigilia delle elezioni comunali di giugno 2016, il problema Ravegnana non esisteva nei programmi elettorali di nessuna parte politica, se non in quello di Lista per Ravenna, coerente coi precedenti, successivamente fatto proprio dalla coalizione Alberghini. Vi si leggeva che “la vecchia statale Ravegnana, poco più di una mulattiera, richiede in generale di essere ristrutturata ed allargata, per garantirne la praticabilità, oggi disastrosa”. Esattamente l’odierna ipotesi ANAS da 75 milioni di euro, che prevede l’allargamento della carreggiata attuale da 7,5 a 9 metri, che richiede due varianti ad ovest di Ghibullo e di Coccolia/Durazzanino, per eliminarne i noti pericolosi attraversamenti, e la realizzazione di rotonde laddove la Ravegnana interseca altre strade minori. In tal modo, passando la strada nella categoria C1, sarebbero consentite una velocità massima di 90 km orari ed una maggiore scorrevolezza e sicurezza della circolazione veicolare.
Siccome qualsiasi variante fuori sede di qualsiasi opera statale deve essere inserita, per essere presa in considerazione, nei piani infrastrutturali e di trasporto di ogni Regione interessata, non si poteva allora immaginare di più: in quello dell’Emilia-Romagna, chiamato PRIT, risalente al 1998, la parola Ravegnana non era infatti mai esistita. Non ne ha parlato neanche la prima bozza del nuovo PRIT 2025, redatto dalla Regione nel 2015, fino a che, avvicinandosi la sua adozione, avvenuta il 9 luglio 2019, Lista per Ravenna propose, attraverso il gruppo della Lega Nord in Regione, un emendamento che ha consentito, mediato con la maggioranza dell’assemblea regionale, di inserire nel testo adottato la seguente formulazione: “S.S. 67 Tosco Romagnola: nel tratto tra Ravenna e Forlì (Ravegnana) interventi di riqualificazione e messa in sicurezza attraverso ampliamenti o varianti fuori sede da definire sulla base di un apposito progetto di fattibilità tecnico-economica di concerto con gli Enti locali coinvolti”.
LE IPOTESI Più COMPLICATE – Discende unicamente da qui se, un anno dopo, l’ANAS, su commissione della Regione, ha prodotto le tre ipotesi in questione, che oltre all’ampliamento/ristrutturazione di cui sopra, sono le seguenti.
- un percorso parallelo al tracciato attuale da 133 milioni, con 18 chilometri di strada C1, su cui occorre realizzare 7 sottopassi stradali, 5 sottopassi agricoli, 3 ponti su canali, 6 rotatorie e un sottopasso dell’autostrada A14;
- un percorso alternativo da195 milioni di euro in partenza dalla E45 all’altezza di Casemurate, che porterebbe a Forlì dopo 12 chilometri di strada B1: ipotesi che, a parte lo svincolo sulla E45 e un sottopasso dell’autostrada A14, richiede tuttavia, oltre all’altissimo costo, probabilmente in aumento, la costruzione di 5 ponti e di 6 cavalcavia.
Non se n’è letto, ma evidenziamo fin d’ora, trattandosi in tutti i casi di superstrade, l’impossibilità, anche tecnica, di innestarle sulla rotondina, appena costruita a Ravenna, della tangenziale Classicana.
PER NON FARCI INCANTARE – Lista per Ravenna, che già in vista del nuovo PRIT adottato aveva compreso anche queste due ipotesi tra quelle da vagliare, vorrà dunque vedere chiaramente le carte. Poniamo comunque la condizione che prima delle elezioni comunali del giugno 2021 sia approvato almeno il progetto preliminare dell’opera prescelta, primo passo obbligatorio perché lo studio (niente di più) dell’ANAS acquisti concretezza di realizzazione. Somministrato com’è stato alla cittadinanza a mezzo stampa, all’oscuro della corretta sede istituzionale, che anche per legge sono i consigli comunali, ci è infatti evidente il rischio che si tratti di una ben “studiata” mossa propagandistica, senza un futuro credibile.
Insomma, non ci faremo incantare. Cantino le carte, non le chiacchiere