Una “Gazzetta del sindaco” da 76 mila copie, edita da Michele De Pascale, è in arrivo in tutte le case, anche sparse in campagna. Per pudicizia si chiama “Ravenna Informa”. Non ha problemi di finanziamento, coperto dal bilancio comunale per due anni, giusto fino al rinnovo del sindaco. Fatta senza risparmio, ha 20 pagine a colori aumentabili a 24, un numero medio di 25 immagini o fotografie, una versione on line sfogliabile. Ad insindacabile giudizio dell’editore, vi si potranno inserire dei fascicoli.

Ogni cittadino accoglierà con benevolenza e gratitudine elettorale l’offerta di tanta “informazione” politica, sempre ché non si accorga che sia propaganda e credendo, come se gli asini volino, che non gli costi niente. Restando a terra, risulta infatti quanto segue.

  1. L’impresa privata che ha ottenuto l’appalto per la progettazione grafica, l’impaginazione, la stampa, la distribuzione, la gestione e la vendita degli spazi pubblicitari, costerà al Comune 158 mila euro cash per i 20 numeri mensili base, a cui si aggiungeranno i costi dei numeri, delle pagine e dei fascicoli ulteriori.
  2. L’impresa stessa incasserà gli introiti della pubblicità, che coprirà il 45% dello spazio. A dir poco, se venduti dall’amministrazione pubblica in persona con la propria maggiore autorevolezza, varrebbero 14 mila euro a numero, 280 mila per i 20 numeri base.
  3. Ma sarà l’ufficio stampa del sindaco, forte di quattro giornalisti dipendenti, di cui uno sarà assunto apposta, e di due impiegati, a produrre gli articoli, i titoli, i menabò e i timoni, a correggere le bozze, a scegliere le immagini, le fotografie e le grafiche. Questo ufficio costa al Comune non meno di 235 mila euro l’anno (dato dell’ultimo “Controllo di gestione”) ed è supervisionato dalla portavoce del sindaco, che ne costa 60 mila. Ipotizzando, stando bassi, che la nuova smisurata attività editoriale ne occupi la metà del tempo di lavoro, se ne deduce, siccome l’appalto è biennale, che i costi da valutare sono quelli annuali di cui sopra.

Fatte le somme, la “Gazzetta del sindaco” costa, quanto meno, 733 mila euro, all’incirca 10 euro per indirizzo ricevente.

Vuol però dire essere alla frutta aver concepito una così spregiudicata operazione elettorale coi soldi dei cittadini fidando che non sappiano o non si accorgano delle altre, non meno gravi, seguenti indecenze.

  1. La gara d’appalto ha preteso dai concorrenti provate esperienze e cospicui volumi di affari in quattro distinti settori: editoriale, concessionario di pubblicità, tipografico e distributivo, imponendo requisiti tecnici e di “anzianità” consistenti. Cosicché ha corso una sola impresa, offrendo il ribasso mancia di 260 euro. Ma la commissione giudicatrice è stata composta da membri che ne sapevano poco o niente.
  2. De Pascale predica di voler sostenere la libera informazione locale, le cooperative di informazione, le edicole, ma le danneggia inserendosi sul mercato come editore pubblico di un giornale che di fatto, avvalendosi di indebiti privilegi, procura loro squilibri e difficoltà maggiori.
  3. Ma (soprattutto) un giornale delle istituzioni deve essere diffuso con un servizio postale affidabile e pienamente certificabile. La scelta (consapevole, date le modalità di gara) della distribuzione promozionale porta a porta, mescolata con pubblicità di ogni tipo, è vantaggiosa solo in apparenza, perché spesso nasconde, come dimostrano le cronache, decine per anno, uno spaccato della società sofferente per malaffare, lavoro nero, immigrazione clandestina, ecc., difficili da prevenire, intercettare e tanto meno reprimere.
  4. Pur di raggiungere gli elettori poco o niente informatizzati con comunicazioni già diffuse allo sfinimento tramite la stampa libera e contando offensivamente sulla loro credulità, si mettono in circolo 20 quintali al numero di carta stampata, almeno 400 per l’intero appalto, senza alcuna garanzia di prova che sia consegnata a dovere e non finisca direttamente nella spazzatura o per strada. Siamo tornati al paleolitico dell’informazione. Significa essere per niente ecologici, ancor meno di sinistra vera.

Se la biscia si rivolta dunque al ciarlatano, una seria opposizione, politica, culturale e civile, dovrà pur sollevarsi e reagire. Noi ci siamo.