È andato appena in onda su tutti i mass media il coro entusiastico della maggioranza che governa la nostra città sull’anno 2020 “eccezionalmente positivo” per Ravenna Holding – cosiddetta cassaforte del Comune di Ravenna, che ne possiede il 77% delle azioni – grazie all’utile di 14 milioni e dividendi per 12,9, in realtà scarsi come vedremo. In consiglio comunale, sono state magnificate le capacità imprenditoriali straordinarie dei suoi amministratori, benché tutti nominati politicamente. La voce fuori del coro, espressa solitariamente da Lista per Ravenna, è stata in sintesi la seguente.
Ravenna Holding è una finta impresa, perché non gestisce direttamente nessun servizio, bensì un enorme capitale dei cittadini, pari a circa mezzo miliardo, distribuito in dieci società di capitali: Hera, Romagna Acque, Start Romagna, Ravenna Farmacie, Azimut, Sapir, Ravenna Entrate, Aser, Ravenna Entrate e Tper, composto anche di proprietà immobiliari. Tutte queste società agiscono sul mercato in condizioni di monopolio od oligopolio, o comunque protette e favorite dal potere politico che le ha in pugno. Ravenna Holding funziona dunque come commercialista e immobiliarista. Le sue entrate sono i dividenti e gli interessi dalle società di cui è azionista o comunque comproprietaria e gli affitti degli immobili che amministra.
Mezzo miliardo di capitale, gestito in condizioni di estremo vantaggio, ha dato però un utile del 3% scarso e un dividendo elargito ai suoi azionisti proporzionalmente basso. Fosse stato capitale privato, i suoi amministratori sarebbero tutti licenziati. Nello stesso giorno di Ravenna Holding, il consiglio comunale ha approvato anche i bilanci 2020 di Ravenna Farmacie e Romagna Acque, società totalmente pubbliche. Basti dire che la prima, con un capitale investito di 47,3 milioni (16 farmacie tra le meglio piazzate e un magazzino di medicinali che serve la Romagna) ha reso un utile di 310 mila euro, cioè lo 0,65%; mentre le seconda, con un capitale di 439 milioni in impianti di produzione e vendita di acqua potabile senza concorrenti sul mercato, ha reso 6,5 milioni, poco più dell’1%. E non è che i cittadini paghino tariffe irrisorie per i servizi gestiti dall’intera compagine di Ravenna Holding: acqua, rifiuti, gas, bus pubblici, servizi cimiteriali, parcheggi, ecc., né che il Comune non paghi alte quote per far quadrare i conti dei bus pubblici stessi o per la gestione del verde pubblico, delle disinfestazioni, ecc.
A chiusura del mandato elettorale 2016-2021, Lista per Ravenna ha colto però l’occasione per esporre la sua diversa concezione del sistema “società partecipate”: accantonare Ravenna Holding, oggi incontrollabile, assegnandone le dotazioni proprie al servizio finanziario del Comune, con risparmio di costi politici e recupero di trasparenza; ridurre drasticamente il numero delle società partecipate, anche accorpandole, salvaguardando il personale; sostituire i consigli di amministrazione, ove possibile, con amministratori unici indipendenti scelti con procedura concorsuale. E molto altro ancora su cui non ci possiamo qui dilungare.