Crimini ambientali. Non si possono definire altrimenti le manovre compiute segretamente perché Ortazzo e Ortazzino, bene naturalistico immenso e impareggiabile, anziché tornare in mano pubblica, passasse in proprietà ad una società immobiliare con finalità di sfruttamento speculativo.
LA NOTA DI BILANCIO – Pistola fumante è la nota integrativa al bilancio dell’esercizio 2021 dell’Immobiliare Lido di Classe SrL in liquidazione, approvato il 29 aprile 2022 dall’assemblea dei soci, azionista di maggioranza assoluta la Banca Nazionale del Lavoro. Vi si legge che: “La società è proprietaria di un complesso di aree site nel Comune di Ravenna, in località Lido di Classe (Ortazzo e Ortazzino, nda), dell’estensione complessiva di circa 480 ettari […]. L’area è stata ammessa nel corso degli anni ’80 nel c.d. ‘Parco Regionale del Delta del Po’ mediante apposizione di vincolo ambientale. A seguito delle osservazioni presentate nell’agosto 2006, da parte della società, alla Provincia di Ravenna con la quale si richiede di ritornare alla classificazione di ‘pre-parco’ per l’area agricola eliminando la conformazione preposta in zona ‘C’ di ‘protezione ambientale’ […] all’interno di un nuovo piano territoriale di assetto, è seguita una proposta di accordo di programma in corso di esame da parte delle amministrazioni preposte. Nel corso dell’esercizio 2021 purtroppo non sono proseguite le attività dirette alla valorizzazione dell’area di proprietà, comunque si sta lavorando per sistemare le attività propedeutiche per poter concludere il preliminare di compravendita con CPI Real Estate Italy SrL alla quale sarà venduta l’intera area al valore di perizia”. Ciò è esattamente avvenuto appena 10 mesi dopo, il 1° marzo 2023. La sede della nuova società è la stessa dell’Immobiliare Lido di Classe SpA e della Parsitalia SpA in liquidazione (gli altri due soci, oltre alla BNL, dell’Immobiliare Lido di Classe SrL in liquidazione). La nuova società è sottoposta alla direzione e al coordinamento di CPI Property Group SA-L, il cui fondatore e socio di maggioranza risulterebbe essere il magnate ceco Radovan Vitek.
ALCUNI CHIARIMENTI – Le “amministrazioni preposte” presso cui è “in corso di esame” la proposta di “accordo di programma” per spostare 72 ettari di Ortazzo e Ortazzino da zona C a zona Preparco, sono indiscutibilmente, oltre alla Provincia di Ravenna, il Comune di Ravenna, L’Ente Parco del Delta e la Regione, proprietaria del Parco, tutti strettamente connessi tra loro sul piano politico-istituzionale e con voce in capitolo obbligatoria. Nelle zone Preparco, esterne al Parco, anche se sottoposte ad azioni prescrittive e di vigilanza dell’Ente Parco, sono ammissibili, a determinate condizioni e salvo esplicite limitazioni su singole loro parti, “la costruzione di nuove opere edilizie, l’ampliamento di costruzioni esistenti e l’esecuzione di opere di trasformazione del territorio”, “la manutenzione ordinaria e straordinaria della viabilità carrabile esistente e dei sentieri esistenti”, “l’asfaltatura delle strade bianche”, “l’allestimento di attendamenti o campeggi”, le attività di caccia, ecc.
Tutto si spiega – Si spiega perché gli enti di cui sopra hanno tenuto il più rigoroso silenzio, perfino coi loro organi assembleari/elettivi, tacendo anche dell’avvenuta vendita dell’Ortazzo e Ortazzino a soggetto privato e del mancato esercizio della prelazione da parte dell’Ente Parco, fino a che, oltre cinque mesi dopo, il vaso di Pandora non è stato aperto da Italia Nostra e poi da alcuni articoli di stampa e da Lista per Ravenna. Si spiega perché lor signori hanno invaso le redazioni giornalistiche di scuse, mistificazioni, promesse di voler ricomprare quello che non avevano voluto comprare, impegni a raddoppiare i vincoli ambientale di cui non gli era importato niente, ecc. Si spiega perché la Giunta de Pascale del Comune di Ravenna, avendo tenuto a bilancio fino al 2021 i soldi per acquistare l’Ortazzo e Ortazzino, li abbia fatti sparire nel 2022. Si spiega perchévtutto dovesse finire, già da molto prima, alla CPI Reall Estate Italy, fregandosene dell’Ente Parco & C.. Si spiega perché, presi con le mani nel sacco, si sono sbracciati a giurare che il sacco era vuoto (“non si può costruire niente”). E si spiega, naturalmente, perché, nell’atto di compravendita (tuttora secretato dall’Ente Parco & C, come se non avessero il diritto/dovere di averlo e di conoscerlo) emerga, riferito dal Resto del Carlino, “che 90 ettari di quei terreni (ora seminativi) sarebbero edificabili, verosimilmente quelli ricadenti nella zona C del Parco”.
Altro che zona C da portare fuori del Parco, in zona Pre-parco. Il 18 agosto scorso Lista per Ravenna ha proposto che diventi invece zona B, specialmente dopo che, in questi stessi giorni, ambientalisti di valore, compiendo dei sopralluoghi sul posto, ne hanno riconosciuto tutte le qualità e gli attributi. Si legge, dall’Ente Parco: “La Zona A racchiude di norma gli ambienti più preziosi, lasciati alla libera evoluzione naturale e in linea di massima accessibili solamente per scopi scientifici e didattici. Nella Zona B, che di solito circonda la Zona A ed è quasi altrettanto interessante dal punto di vista naturalistico, sono consentite l’attività agricola e altre attività tradizionali”, niente altro. Vediamo se in Consiglio comunale sarà d’accordo anche il PD.
Per prima cosa devono però chiedere scusa e dare le dimissioni. Non c’è neanche da chiederlo.