LA SENTENZA DEL TAR – Martedì prossimo, 27 luglio, il Comune di Ravenna e la cooperativa Mani Unite si riuniranno definitivamente per cercare un accordo da consegnare al TAR dell’Emilia-Romagna in esito alla sentenza di questo Tribunale amministrativo, pronunciata il 18 marzo scorso, che condanna l’ente pubblico a risarcire la cooperativa degli ex autocostruttori per le 20 mila ore di manodopera da loro prestate nella costruzione di 14 appartamenti in località Filetto. Il TAR ha riconosciuto a Mani Unite il rimborso del 75% del valore di tale manodopera, ha annullato le penali imposte dal Comune a seguito dell’ingiusta decadenza della concessione del diritto di superficie rilasciata alla cooperativa su quel terreno e ha negato i tre milioni di risarcimento danni assurdamente chiesti dal Comune per responsabilità che almeno in parte ricadono su di sé e di cui gli autocostruttori sono stati invece vittime.
I MISFATTI – I misfatti, descritti e documentati massicciamente con 14 allegati nell’“Esposto su fatti di rilevanza penale nella fallita autocostruzione di alloggi a Filetto”, che nel giugno 2014 depositai presso la Polizia municipale e pubblicai sulla stampa (https://www.comune.ra.it/il-comune/consiglio-comunale/gruppi-consiliari/gruppo-consiliare-lista-per-ravenna/comunicati-interventi-e-iniziative/esposto-su-fatti-di-rilevanza-penale-nella-fallita-autocostruzione-di-alloggi-a-filetto/), si riassumono così. Il progetto partì nel 2004. 14 autocostruttori, metà italiani e metà stranieri, poi associati nella coop. Mani Unite, furono scelti dal Comune di Ravenna con bando pubblico, tra famiglie di basso reddito, perché costruissero con le proprie mani la loro prima casa su un terreno dato loro in concessione per 99 anni dal Comune stesso. Il quale però non mantenne l’impegno di “sovrintendere, coordinare e vigilare in tutte le fasi la corretta attuazione del programma”, commettendo anche gravissimi errori. Tra questi, la tragica assegnazione del permesso di costruire alla cooperativa Alisei srl, senza che ne avesse alcun titolo e a fronte di un capitale sociale di poche decine di migliaia di euro, alla quale furono così consegnate le chiavi di un cantiere di quasi 2 milioni e mezzo di euro. Dopo che gli autocostruttori avevano effettuato le 20.000 ore di manodopera e costruito il grezzo dei due edifici da 6 e 8 unità, Alisei srl avrebbe dovuto terminare l’opera utilizzando il finanziamento concesso agli autocostruttori da Banca Etica. Invece si dileguò e poi fallì, lasciando a Mani Unite un debito verso la banca che, con gli interessi, salì ad oltre un milione e 300 mila euro. Il Comune, che nulla aveva vigilato sulle molte inadempienze e scorrettezze verificatesi anche col proprio contributo, impose a Mani Unite l’impossibile impresa di terminare i lavori entro il termine del 16 luglio 2012, scaduto il quale le revocò la concessione del terreno, espropriandola anche degli edifici grezzi nel frattempo andati in malora. Tutti questi comportamenti del Comune sono stati censurati nella sentenza del TAR. Stanziati poi 1 milione e 965 mila euro per evitare un contenzioso con la banca e per riprendere e concludere i lavori, il Comune ne affidò la realizzazione ad ACER, chiedendo i danni agli autocostruttori, ora negati dal TAR. Collaudati i lavori il 6 luglio 2017, il Comune annunciò trionfalmente che i 14 appartamenti sarebbero stati assegnati da ACER a dei cittadini bisognosi di casa, attraverso un bando, compiendo però l’ulteriore enorme sbaglio di non poter disporre di quell’immobile finché Mani Unite non ne avesse firmato il passaggio di proprietà di fronte alla Conservatoria dei Registri immobiliari. Appartamenti dunque vuoti e inutilizzabili finché Mani Unite resisterà stoicamente a non firmare l’atto di retrocessione al Comune.
ACCORDO IRRAGGIUNGIBILE – Tuttavia, lette le memorie conclusive del Comune e di Mani Unite in vista dell’ultimo incontro di martedì prossimo, l’accordo appare irraggiungibile. Il primo offre infatti 70 mila euro a fronte di 440 mila chiesti dalla seconda. Non entro nel merito del contraddittorio, limitandomi a non immaginare come la mano d’opera degli autocostruttori per ciascun appartamento abbia potuto incidere, secondo il Comune, arroccato nell’incredibile difesa del proprio operato, per appena 5 mila euro, oltretutto avendo essi dovuto sopperire con lavoro di braccia alla quasi totale assenza del personale specializzato addetto all’uso dei pochissimi mezzi meccanizzati (per opere di scavo, di solaio, opere murarie, manti di copertura, ecc.), messi a disposizione, per propria competenza, dalla ditta titolare della Direzione Lavori del cantiere.
DECIDERà IL TAR – In assenza dunque di un improbabile, per quanto auspicabile, accordo tra le parti, deciderà il TAR. A questo punto sarebbe però di inaudita gravità se il Comune, in assenza di un’ulteriore iniziativa da parte di Mani Unite, ricorresse in secondo grado al Consiglio di Stato, allungando così, a tempo indeterminato, l’indisponibilità dei 14 appartamenti all’uso pubblico. Il danno sarebbe valutabile in termini economici pesantissimi presso la Corte dei Conti dell’Emilia-Romagna, vista l’improvvida spesa di circa due milioni sostenuta dall’ente pubblico per finire gli appartamenti senza poi poterne disporre e il valore dei mancati introiti per l’impossibilità di affittarli, che dura da quattro anni e potrebbe durare a lungo. Un capitale inutilizzato che tutti gli anni genera inoltre ulteriori oneri passivi per costi di gestione e manutenzione. Se non il buon senso, politico e umano, valga almeno la consapevolezza di poter essere chiamati a rispondere dei danni ingenti così procurati alla comunità amministrata.