Un anno fa chiusero l’edicola e il negozio di parrucchiera all’ospedale di Ravenna. Attive dal 1988, le due attività non rientravano più nei piani dell’Ausl Romagna. “Sfrattate con mancanza di rispetto e umanità” criticò all’epoca Alvaro Ancisi, capogruppo di LIsta per Ravenna, che, dopo un anni, torna ancora una volta sulla questione.

Le due attività, dal 1988, facevano parte dell’allora edificio ospedaliero denominato blocco 11, che la Cassa di Risparmio di Ravenna aveva realizzato in proprio, ottenendone in cambio, dall’USL n. 35 di allora, la concessione in uso per 30 anni. Il 17 agosto 2022 l’intero complesso divenne di proprietà dell’AUSL Romagna: “Fino ad allora, Donatella e Gabriella (le titolari delle due attività, ndr) avevano gestito le loro attività con un contratto privato di affitto” ricostruisce Ancisi. “L’AUSL concesse loro in uso a pagamento i locali per sei mesi, prorogati per altri sei e da ultimo fino al 31 dicembre 2023, assicurando, fino all’ultima proroga, che i due servizi sarebbero stati mantenuti in vita tramite “l’indizione della procedura ad evidenza pubblica per la concessione dei servizi commerciali ivi svolta”. Donatella e Gabriella, per conservare il posto di lavoro, avrebbero dovuto affrontare e poi “vincere” una gara pubblica, di cui a fine 2023 non si sapeva però ancora niente”.

Dopo una prima interrogazione in consiglio comunale presentata da Ancisi, l’Ausl Romagna affermò però di voler affidare il salone di parrucchiera ad un ente del Terzo Settore, mediante una co-progettazione sperimentale, da assegnare sempre attraverso bando, mentre di inglobare l’attività dell’edicola all’interno del bar, sempre mediante procedimento pubblico.

“Soggetti del terzo settore che gestissero negozi di parrucchiera non s’erano mai visti, ma l’esercizio autocratico del potere politico non si pone limiti” commenta Ancisi, che, invece, per l’edicola fa notare come “Gabriella, se avesse potuto, inverosimilmente, concorrere, avrebbe dovuto vincere una competizione con professionisti del settore e assumersi un carico economico e gestionale insostenibile per qualsiasi donna sola che vive del suo lavoro”.

Per il consigliere comunale il comportamento dell’azienda sanitaria è stato “disdicevole”: “Sta di fatto che Donatella e Gabriella sono state costrette a soccombere. Donatella ha dovuto affrontare una difficile condizione economica, risolta solo a metà anno con coraggio ed azzardo, acquisendo un esercizio a Madonna dell’Albero, premiato poi dal successo: le sono stati negati perfino tre mesi di proroga per la ricerca di un nuovo locale. Gabriella ha potuto solamente subire il maltrattamento, senza ottenere neppure un euro di riconoscimento per la spesa di 220.000 euro, compresi 205.500 a titolo di avviamento, con cui aveva acquistato l’azienda nel 2011; l’AUSL non si è neanche presentata nel gennaio 2024 alla convocazione della Camera di Commercio per discutere una possibile mediazione tra le parti. Per tutto il 2024, e chissà per quanto tempo ancora, degenti, visitatori e personale dell’ospedale sono stati privati di due apprezzati servizi, attivi da 35 anni, mentre l’AUSL ci ha rimesso e ci rimetterà ulteriormente i canoni di concessione, sottraendo entrate di soldi alla cassa pubblica. Se l’AUSL avesse prorogato le due concessioni fino a quando non fossero subentrati i nuovi gestori, come avrebbe fatto qualsiasi proprietà privata, la decisione sarebbe stata ragionevole e valida per entrambe le parti, avendo Donatella e Gabriella un po’ più di tempo e di ossigeno per far fronte al proprio dramma vitale”.