La propaganda elettorale tra i partiti dovrebbe almeno evitare le polemiche sopra le righe nell’esporre le loro diverse valutazioni sulle grandi potenzialità di sviluppo della nostra città, più o meno espresse o inespresse. L’ultimo caso ha riguardato la situazione e le sorti dell’Università locale. È vero che Ravenna ha raggiunto uno status apprezzabile di campus universitario, passati però più di trent’anni, a partire dall’avvio nel 1986 di Scienze ambientali, seguita da Giurisprudenza, Ingegneria e recentemente da Medicina, ma soprattutto con l’istituzione nel 2012 dell’unico proprio dipartimento autonomo di Beni culturali, a proposito del quale basti tuttavia dire che, per scarsità di strutture ricettive, è in grado di ricevere iscrizioni solo di una ogni cinque richieste ricevute.
Mentre non si possono discutere gli aumenti delle immatricolazioni, la crescita delle offerte formative, della ricerca, dei laboratori e le ricadute sull’economia locale e sui consumi, non è invece corretto, come ha fatto il repubblicano Giannantonio Mingozzi, negare o dare per risolte le lacune di cui il campus di Ravenna continua a soffrire. La recente riunione del Consiglio di indirizzo della Fondazione Flaminia ha infatti confermato, nelle parole della presidente Mirella Falconi, la necessità di urgenti approfondimenti corali per “individuare linee di sviluppo che possano avere ricadute sulla didattica e sulla ricerca e far sì che una città universitaria quale possiamo ormai definire Ravenna possa essere veramente sentita come tale da tutta la cittadinanza”. Mica poco, come Lista per Ravenna lamenta da sempre. La presidente stessa del Campus Elena Fabbri ha portato in primo piano il problema degli spazi come conseguenza dell’aumento delle immatricolazioni. Anche Ernesto Giuseppe Alfieri, presidente della Fondazione Cassa di Risparmio di Ravenna, ha sottolineato la necessità di potenziare le dotazioni e i servizi dedicati agli studenti universitari. Mentre Lanfranco Gualtieri, presidente onorario di Fondazione Flaminia, ha sollevato alcune criticità legate alla logistica.
Non sarà dunque vietato parlarne. E lo facciamo come segue riprendendo quanto scritto in bozza, a proposito di cultura, nel programma 2021-2026 di Lista per Ravenna. il dipartimento dei Beni culturali ha sede nel Palazzo Strocchi di via Diaz, a cui peraltro servirebbe una più appropriata gestione/manutenzione dei locali, ma la sua attività didattica è invece dislocata nel Palazzo Corradini dove ha sede anche la biblioteca di campus. Struttura eccellente, formata dal patrimonio dei Beni culturali e di Giurisprudenza, implementata con importanti biblioteche storiche di studiosi italiani e stranieri, che richiede però, causa la mole ingente e la crescita costante del patrimonio librario, una sua più adeguata collocazione, sempre nel centro storico e nel proprio contesto accademico e scientifico. Perché, ad esempio, non ristrutturare il pregevole palazzo comunale dell’ex Anagrafe, situato a pochi passi, in via Raul Gardini, abbandonato e lasciato in rovina dal Comune, per trasferirvi la biblioteca universitaria e al contempo farne luogo di incontro e di socializzazione per docenti e studenti?.
Questo patrimonio librario di livello internazionale, nonché il costante aumento della popolazione studentesca e del corpo docente incardinato nel polo universitario ravennate, impongono una politica di predisposizione delle strutture di accoglienza: studentato, foresteria e mensa, oggi gravemente deficitarie, incapaci di reggere all’incremento delle immatricolazioni, tanto che molte richieste dall’estero non vanno in porto per questa ragione, in aggiunta alle difficoltà inaudite di raggiungere le nostra città coi mezzi di trasporto e di comunicazione più agevoli. Questi servizi devono essere collocati nel centro storico di Ravenna, assurto ormai a campus universitario integrato con la storia e l’essenza culturale della città. Inaudito soprattutto che non vi sia traccia a tutt’oggi di uno studentato. La scelta per lo meno inadeguata di collocarlo nei locali di piazza Farini che si affacciano sulla stazione ferroviaria, dove si concentrano problematiche ambientali e di ordine pubblico non da poco, sconta la necessità di trasferire gli uffici del Comune di Ravenna che vi risiedono nel nuovo “mostruoso” palazzo in canne di bambù di viale Berlinguer che avrebbe dovuto essere pronto nel 2017 e non lo sarà – scritto in una delibera della Giunta comunale – entro il 2022, o comunque non certo agibile nel corso del nuovo anno accademico. Ebbene, riprendendo una sollecitazione avanzata più volte da Lista per Ravenna, perché non riutilizzare, per studentato, foresteria e mensa, la storica ex caserma dei carabinieri P. Ragni di via di Roma, abbandonata dal Comando nel 1999, dislocata su tre piani, con una superficie utile di quasi 3 mila metri quadrati e già strutturata per usi abitativi, mensa e servizi, che si potrebbe realizzare in poco tempo e con spesa molto minore alla metà degli 8 milioni stanziati su piazza Farini?