LA FUSIONE CON FERRARA – La notizia che la Regione Emilia-Romagna ha sospeso la fusione tra le Camere di commercio di Ravenna e Ferrara riporta l’attenzione della nostra città sulla triste condizione della nostra Camera di Commercio, evanescente per lo stato confusionale dell’intero sistema camerale nazionale, ma aggravata e avvilita dalla sua dipendenza organica dal sistema politico locale, che significa ancora PD. Il progetto assurdo di unificare Ravenna con Ferrara si deve esclusivamente alla regia politica di questo partito, capace, anche tramite spartizione di poltrone, di trascinarsi una frazione del comparto associativo imprenditoriale.
È ampiamente documentato come, a parte i contrasti sollevati in tale comparto soprattutto da Confindustria e Confartigianato, è stata Lista per Ravenna sul piano politico a sollevare da subito, e ripetutamente in seguito, una strenua opposizione a tale disgraziato progetto, indicando invece la strada – già tracciata ad esempio con la sanità e i trasporti pubblici – di inserire le Camere di Commercio nell’Area vasta della Romagna, idonea e attrezzata, ben diversamente da Ferrara, di raggruppare territori omogenei sul piano storico, culturale e socio-economico. Il matrimonio con Ferrara, avviato nel 2015 e stipulato nel gennaio 2017, non si è però consumato, causa veti e campanilismi che hanno impedito all’ente progettato di costituire perfino i propri organi. Si sono perciò avuti dei bradisismi nel sistema di potere non più monolitico del PD, soprattutto a Ferrara. Ecco dunque che, per la prima volta, e solo nel novembre scorso, il sindaco e presidente della Provincia di Ravenna, De Pascale, ha trovato il coraggio, indotto dalla collega di Ferrara a farlo insieme a lei, di chiedere uno stop a questa fusione. Ed ora che la Regione ha fatto marcia indietro, si vorrebbe far passare che il merito è tutto del PD e la colpa del Governo.
ECONOMIA impoverita – Questo però non deve far tacere quanto nefasto sia lo strapotere del PD su quel po’ che resta della Camera di Commercio di Ravenna, un tempo gloriosa e motrice di operazioni che hanno trasformato e ammodernato l’economia del territorio. Basta guardare cosa è successo nel 2018. Il bilancio di previsione ha destinato 6,74 milioni di entrate correnti (di cui 4,52 dai diritti annuali pagati dalle imprese) per 3,73 milioni alle spese di funzionamento e solo 1,71 alle imprese economiche. I dati dei primi nove mesi, pubblicati questo 12 gennaio, registrano un calo generalizzato delle imprese, che, trascinando con sé inevitabilmente una grave perdita di posti di lavoro, penalizza tutti i settori trainanti e vitali dell’economia, quali l’agricoltura (-147 imprese), il commercio (-113), le costruzioni (-82), l’industria (-42), il trasporto e magazzinaggio (- 33), le imprese artigiane (- 76), quelle femminili (-57) e quelle giovanili (-96).
Ravenna dunque procede col passo del gambero. Il segretario generale dell’ente camerale ha dovuto dunque dichiarare: “I dati sull’andamento delle imprese a Ravenna nel corso del 2018 dimostrano che, nonostante i segnali di ripresa a livello nazionale, la crisi non è ancora superata”.
TRE MILIONI NEL PALAZZETTO DELLO SPORT – Ebbene, il bilancio stesso della Camera di commercio per il 2018, avendo destinato, oltre alla spesa corrente di cui sopra, 3 milioni e 69 mila euro agli investimenti, ha trovato il modo di darne 3 tondi al Comune di Ravenna per costruire il nuovo palazzetto dello Sport, scrivendo al riguardo nella relazione, che l’istituzione camerale “in relazione alle proprie funzioni a sostegno delle imprese è stata chiamata ad intervenire contribuendo a finanziare il progetto”. Non discutiamo qui il palazzetto. Ma la “chiamata” è stata fatta a gran voce dalle imprese? O forse, aumma aumma, dal PD?
Risponda che non è trinariciuto.