Dopo i casi di covid verificatisi fra gli operatori del reparto di Oncologia, chiuso temporaneamente dalla direzione sanitaria lo scorso aprile, Alvaro Ancisi, capogruppo di Lista per Ravenna, chiede un’indagine interna per chiarire le dinamiche che portarono al contagio:
“Per molti anni, l’oncologia è stata una vera eccellenza della spedalità ravennate. In questi mesi abbiamo invece ricevuto numerose segnalazioni sul suo cattivo stato di salute, che, in piena epidemia da coronavirus, ci siamo limitati a raccogliere, per non aggiungere turbamenti allo stress in cui versava la sanità pubblica. Ora alcune organizzazioni sindacali hanno però richiamato l’attenzione delle autorità aziendali su quanto di doloroso è avvenuto in tale delicata specialità ospedaliera, proprio a fronte dell’emergenza scatenata dalla rapida diffusione del covid-19. Né sarebbe corretto stendervi un velo pietoso, perché le ripercussioni sono state talmente gravi, dal doversene accertare le cause e le responsabilità al fine di porvi urgente rimedio.
L’oncologia di Ravenna è stata infatti essa stessa una vera e drammatica fonte di contagio, il bacino infettivo irrefrenato di casi positivi al virus, trasmesso addirittura a 7 medici (tra l’oncologia e la collegata ematologia), 13 infermieri, 3 Operatori Socio Sanitari (OSS) e 1 fisioterapista impegnata nel reparto di degenza, contaminando anche numerosi ammalati degenti e loro familiari. Una situazione senza controllo, unica per gravità nel Santa Maria delle Croci e nell’intera AUSL Romagna, che ha provocato la scelta obbligata di chiudere l’intera Unità operativa di Oncologia, focolaio infettivo divampato rovinosamente.
Ci sono state sottovalutazioni, incuria, carenze, omissioni, pecche, sui fronti della prevenzione sanitaria e della sicurezza sul lavoro, a danno dei degenti, dei visitatori e del personale? È stata adottata la procedura che abitualmente fa seguito ad un evento pernicioso per ricercarne le cause e adottare protocolli capaci di evitarne il ripetersi? Silenzio totale.
La CGIL ha chiamato in causa il primario di Oncologia, parlando di una “situazione caratterizzata da frequenti assenze del Direttore, che risulterebbe scarsamente impegnato nel percorso di cura…con le prevedibili ricadute sull’aspetto assistenziale e sul funzionamento complessivo dell’Unità Operativa”, e sostenendo inoltre che “le misure di prevenzione all’interno della U.O. di Ravenna non sono riuscite a prevenire il contagio di numerosi operatori e di diversi pazienti, tanto da dover chiudere il reparto pazienti”. In effetti al primario-direttore competono, oltre all’esercizio delle specifiche competenze professionali, funzioni di direzione del personale e di organizzazione della struttura, mediante linee di indirizzo e direttive da porre in atto, l’adozione di protocolli operativi, l’assunzione tempestiva delle dovute decisioni. L’esser forse mancato tutto ciò potrebbe spiegare perché l’oncologia si sia mostrata impreparata e indifesa di fronte all’aggressione virale, fino a doversene imporre la serrata.
Ci aspettiamo che la direzione aziendale faccia luce su queste oscurità e adotti i conseguenti provvedimenti. Lista per Ravenna chiede al sindaco, quale presidente della Conferenza socio-sanitaria dell’AUSL Romagna, di riferirne, tramite il consiglio comunale, alla città, rimasta attonita davanti al precipizio della propria oncologia e alla sua troppo lunga chiusura, fonte di ulteriori disagi ai pazienti affetti da dolenti patologie cancerogene”.