“A cose fatte, cioè ad AUSL Romagna ormai attivata da circa un decennio, la cosa che più fa male ai cittadini/utenti non è tanto la fine delle autonomie provinciali, questione forse più filosofica che tecnica, quanto che in realtà queste ultime siano rimaste tali nonostante i proclami di perequazioni interne più volte annunciati” a dirlo è Alberto Ancarani, capogruppo in consiglio comunale per Forza Italia.
“È di questi giorni infatti la notizia, uscita sui quotidiani locali forlivesi di medici dell’Ospedale di Forlì che protestano per essere stati convocati a svolgere funzioni di supplenza nel Pronto soccorso del loro Ospedale. Vista da Ravenna la questione fa sorridere: il metodo di “rastrellare” medici di reparto per coprire il cronico problema del Pronto Soccorso è infatti una prassi ravennate che al Santa Maria delle Croci va avanti da anni senza particolari voci che se ne lamentino. E’ giusto? Probabilmente no. E’ depauperante nei confronti degli altri reparti dell’ospedale? Inevitabilmente sì. Ci sono soluzioni più efficaci? Ci sarebbero, e non sono semplicemente “assumete più personale” visto che la cronica mancanza di medici è nota e dunque diventa per la categoria molto più facile evitare di entrare in nosocomi che sulla carta risultano problematici e Ravenna nel tempo si è guadagnata questa nomea”.
Per Ancarani il problema è di tutta l’azienda sanitaria romagnola: “Sicuramente vi è un tema di disomogeneità interna all’area vasta AUSL Romagna, con un numero di medici per esempio più elevato a Cesena, e un numero più basso a Ravenna, dove più copiose che altrove sono le fughe verso lidi che vengono considerati migliori. Il rischio che il nosocomio di Ravenna, privo di un direttore sanitario effettivo da troppo tempo, diventi un grande pronto soccorso – comunque in difficoltà – in quanto ogni reparto deve cedere qualche elemento all’emergenza si coglie da tempo ed è uno dei vari segnali che rendono Ravenna, che dovrebbe essere la più grande, la Cenerentola dell’area vasta. Ecco dunque che l’obiettivo della prossima legislatura regionale sulla sanità dovrebbe partire non già dal ripristino delle vecchie AUSL provinciali che essendo ormai state erroneamente abolite non possono essere resuscitate se non pagando costi raddoppiati, ma per far sì che la famigerata “AUSL Romagna” sia davvero un’unica Azienda con servizi realmente disponibili sulla base dei bisogni dei singoli territori interessati senza che a prevalere siano rendite di posizione basate ancora sulla logica di campanile sia essa territoriale o politica. Logica che le direzioni generali che si sono susseguite non hanno voluto o potuto scardinare”.