Alberto Ancarani, capogruppo di Forza Italia in consiglio comunale, critica quanto avvenuto negli ultimi anni alla Consulta del Volontariato, in particolare la scelta degli ultimi due presidenti:
“Michela Guerra, candidata sindaco dell’allora Lista Cambierà, dopo due anni di consiglio comunale, a un certo punto si dimise. Ora sente improvvisamente il bisogno di rifare politica nella lista del candidato sindaco contro il quale, almeno ufficialmente, si candidò nel 2016.
Chi ci dice, col senno di poi, che la sconfitta in quel ballottaggio da parte del centrodestra non fosse anche dovuta a un suo amore politico sin dall’inizio segretamente coltivato per l’allora candidato Sindaco PD magari più aiutato da lei che da presunti esponenti del centrodestra che una certa vulgata continua ingiustamente ad accusare senza vedere ciò che oggi è sempre più ovvio?
Viene da pensare che la presidenza della Consulta del Volontariato nella testa di molti serva proprio a quello. Fare politica, o prepararsi a farla, magari usando i fini solidali e altruistici per darsi un tono utile alla propria visibilità personale. Sia ben chiaro: si tratta di un organo privato per il quale non esiste una norma di legge che imponga obblighi, dunque l’unico orizzonte deve essere “l’opportunità” “.
Ancarani biasima poi la presidenza di Giovanni Morgese: “In effetti la questione è molto più ampia e infatti c’è anche chi l’ha gestita più astutamente, come l’immediato predecessore di Guerra nello stesso ruolo in Consulta.
Fondatore di un’associazione di beneficenza con un ufficio stampa particolarmente attivo, a un certo punto diventa Presidente della Consulta del Volontariato. Poi, qualche mese dopo, di punto in bianco, annuncia le proprie dimissioni irrevocabili comunicando di avere nuovi progetti di vita. Passano poche settimane ed ecco che si presenta ai mass media come nuovo responsabile di un movimento che scimmiotta il nome di un grande partito della prima repubblica.
La cosa fa doppiamente sorridere perché ora, i due “Presidenti” si punzecchiano tra loro pubblicamente a mezzo social network, come non farebbero neppure due minorenni alla scuola dell’infanzia (addirittura uno dei due viene accusato di essere l’occulto manovratore di numerosi profili e pagine…).
Il volontariato è una cosa seria, e non vi è dubbio che lo si possa fare sia avendo propri orientamenti politico-partitici che ritenendolo la propria unica ragione di vita. Di certo, quando se ne assume la guida della rappresentanza, la politica partitica dovrebbe essere abbandonata per un motivo molto semplice e persino inutile da spiegare: se il presidente sta da una parte, di fatto schiera, anche involontariamente, tutta la consulta. È un principio di opportunità che dovrebbe essere compreso da chiunque, anche senza avere particolari studi alle spalle. Se la visibilità a fini di successive candidature politiche diviene il vero fine per cui si assurge a quel ruolo, perde credibilità l’intero sistema di volontariato.
E se non lo si capisce o si è limitati o si è in malafede”.