La scelta del presidente della regione Emilia Romagna di rendere “rossa” tutta la Romagna nonostante le diverse indicazioni del governo è di una gravità inaudita e non può essere subìta a capo chino.
Purtroppo il sindaco De Pascale, essendo dello stesso partito di Bonaccini non ha la forza di esprimere il netto NO che andrebbe rappresentato alla regione, a differenza del sindaco Zattini di Forlì che ha invece avuto la forza di opporsi la scorsa settimana al cosiddetto “arancione scuro”.
Fa poi sorridere che quel concetto di “regione culturale” rappresentato dalla Romagna, sempre negato dalla sinistra che non ha mai voluto neppure riconoscerne i confini fisici da provvedimenti ufficiali, venga ora riesumato al fine di punirla ulteriormente.
L’incapacità di gestire un contact-tracing efficace, di organizzare un sistema di terapia domestica strutturato a causa di una medicina territoriale lasciata per troppo tempo allo sbando, sono responsabilità proprio della regione retta da Bonaccini che ora, dopo aver compromesso l’istruzione e la formazione delle nuove generazioni attraverso una didattica a distanza singhiozzante e non risolutiva, e aver messo sul lastrico la gran parte degli esercizi commerciali, evidentemente non pago infligge ai romagnoli il colpo del K.O. istituendo una zona rossa assolutamente non necessaria.
E’ del tutto evidente che i danni non siano ristorabili, ma una regione che restringe ulteriormente rispetto alle già dure scelte del governo deve anche assumersi la responsabilità di restituire economicamente ai contribuenti vessati almeno una parte delle cospicue perdite da essa causate.