La nomina di Mara Roncuzzi alla presidenza di Ravenna Holding è un grave errore per due ordini di motivi.
Il primo è di metodo, ma estremamente politico. E’ ben vero infatti che il mandato di Carlo Pezzi è terminato, ma non si può accettare che un sindaco uscente si assuma una responsabilità così importante che impatterà su chiunque vinca le elezioni a Ravenna nell’autunno prossimo. Il fatto che il mandato di questa giunta sia stato allungato dalla pandemia non può essere usato come espediente per presumere di conoscere già la volontà popolare.
Chiediamo pertanto di sospendere una simile decisione e di restituirla al prossimo sindaco quando sarà stato eletto.
La seconda ragione è ovviamente di merito.
Non vi è dubbio che per simili nomine il requisito della “fiduciarietà” sia molto importante. Ma, utilizzando apposite società di cacciatori di teste, come lo stesso premier Draghi sta facendo per importantissime nomine pubbliche, si possano trovare profili in grado di possedere sia i requisiti di competenza che quelli di fiduciarietà.
Mara Roncuzzi è sì laureata, ma sulla competenza è lecito essere molto perplessi visto che la sua presenza nello staff del sindaco in questo mandato è stata del tutto impalpabile finendo per apparire più che altro come una ricompensa per l’ennesimo caso di personalità organica al PD a cui era obbligatorio dare uno stipendio pubblico.
La scelta di nominarla a capo di Ravenna Holding non fa che perpetrare quel metodo per nulla virtuoso in base al quale il ceto politico, in questo caso sempre vicino allo stesso partito, si autoalimenta escludendo di fatto soggetti veramente esterni alla politica che, qualora messi al servizio del managment pubblico che potrebbero produrre un volano di buone pratiche provenienti dal settore privato evitando di acquisirne le meno auspicabili derive. De Pascale invece continua a preferire invece il perseguimento del piccolo cabotaggio, occupando tutti i posti possibili, anche a dispetto della volontà degli elettori, pur di alimentare un apparato sempre più famelico, ma anche sempre più incolore.