“Quando si è verificata l’alluvione, lo scorso maggio, in Emilia-Romagna, dal punto di vista della prevenzione non partivamo da zero. Avevamo già attivi 4.500 interventi sulla difesa del suolo, per un investimento di oltre 1 miliardo di euro”.
A sottolinearlo è la vicepresidente della Regione, con delega alla Difesa del suolo e Protezione civile, Irene Priolo, protagonista della sesta puntata di “La Regione risponde”, il format di video-interviste alla Giunta regionale guidata dal presidente Stefano Bonaccini incentrate sulle questioni di maggiore attualità che riguardano l’Emilia-Romagna, in relazione ai temi evidenziati dagli utenti social sui profili dell’Amministrazione regionale. Il video è disponibile online sulle pagine Facebook e Instagram della Regione.
“Un evento come quello che si è verificato a maggio 2023 è difficilmente gestibile, anche perché abbiamo avuto tempi di ritorno di 1.500 anni. Per questo stiamo aggiornando tutta la pianificazione esistente, a partire dai Piani speciali del Commissario per la ricostruzione- spiega Priolo-. In Italia, tuttavia, non esiste una logica della prevenzione, come sarebbe fondamentale, ma solo dell’emergenza”.
Il Testo unico dell’Ambiente prevede che il ministero competente svolga le funzioni di programmazione, finanziamento e controllo degli interventi in materia di difesa del suolo attraverso i Programmi di intervento triennali, che rappresentano uno dei principali strumenti di attuazione della pianificazione di bacino. Il Piano di Gestione del Rischio Alluvioni, approvato dall’Autorità di bacino distrettuale del fiume Po, indica per l’Emilia-Romagna (per il periodo 2021-2027), la necessità di interventi strutturali per 1,9 miliardi di euro. Basta però ricordare che il finanziamento per il 2023 ammonta a 13 milioni di euro.
“Fondi non sufficienti- sottolinea la vicepresidente-. Ciò che è necessario avere è un Piano nazionale, come prevede la norma, con finanziamenti di carattere triennale ed interventi che possano aiutarci nella prevenzione. Prevenire costa sempre meno che gestire l’emergenza successivamente”.