“Una pagina nera della democrazia e della partecipazione, scritta senza colpo ferire dal Sindaco di Ravenna, dall’Autorità Portuale, dalla Soprintendenza e dall’ENI, le cui attività sul nostro territorio possono continuare nella più assoluta accondiscendenza e senza nemmeno un tentativo di trattativa.
Questo rappresenta l’abbattimento delle torri Hamon, che in meno di un mese ha cancellato non solo due capolavori dell’ingegneria strutturale del 900 interamente gettate in opera, ma anche il Piano Urbanistico Generale firmato dalla Giunta e dal Sindaco stesso, ovvero le chiare indicazioni di tutela in esso contenute. Poco importa che il PUG, fermo nei cassetti dal 2021, non fosse già stato adottato: l’indicazione politica era chiara e netta, e su questa è stato fatto silenzio assoluto.
Poco importa che gli anni fossero 70, o quasi 70: il loro valore era unanimemente riconosciuto al di là delle scappatoie, peraltro non perentorie. Ricordiamo solo, ad esempio che nell’evanescente progetto sulla Darsena denominato “DARE”, costato oltre 6 milioni di euro di fondi europei, sulla SAROM è scritto: “Conosciuta in tutto il mondo per le sue Torri Hammon”, o che una delle torri presenti nello stabilimento SAROM fu verificata da Arturo Danusso, che il silente
Ordine degli Ingegneri di Ravenna ben dovrebbe invece ricordare. O che lo spessore del “mantello”, ovvero le pareti ad iperboloide delle torri, mostrato nelle immagini delle demolizioni in condizioni pressoché perfette, era di soli 10 cm. Tra l’altro, nessuna riga è stata scritta in modo accurato circa il loro stato effettivo, né è stato concesso il sopralluogo di verifica richiesto. Gigantesche sculture significative di un paesaggio testimoniale, che avrebbero potuto costituire un notevole valore aggiunto, sia a livello di attrattiva culturale e turistica che di valorizzazione economica delle aree: cancellato senza scrupoli, ignorando completamente, oltre al PUG, sia i pareri passati della Soprintendenza, sia quanto invece si realizza nelle città di respiro europeo per riqualificare aree industriali e portuali dismesse.
Non una sola parola in loro difesa o di ripensamento da parte delle Istituzioni che ha favorito un clima di odio – presa a male parole sui social persino la nipote del Maestro Antonioni giunta generosamente a Ravenna per la loro tutela – e la richiesta di immediata cancellazione di manufatti che servivano solo a raffreddare acqua. Sullo sfondo, invece, le ciminiere del porto industriale continuano e continueranno a disperdere i loro fumi nell’ambiente, mentre i terreni ex SAROM non ancora completamente bonificati verranno acquisiti con soldi pubblici per quasi 8 milioni di euro.
Davanti a questa pagina di inciviltà e di disprezzo, Italia Nostra sezione di Ravenna, ritenendo che l’abbattimento sia avvenuto senza i dovuti approfondimenti e le opportune valutazioni da parte di tutte le Istituzioni e gli Enti che avrebbero potuto esprimersi, invece, in altra direzione e in questo modo provare a scongiurare un danno rilevante al patrimonio della cultura industriale italiana, ha depositato oggi un’articolata denuncia in Procura. A sostegno, alcuni cittadini e Gianfranco Santini, in rappresentanza del gruppo politico Potere al Popolo Ravenna.”
Italia Nostra sezione di Ravenna