“La direttiva 5 aprile 2006 del Parlamento e del Consiglio dell’Unione Europea stabilisce, relativamente ai rifiuti, il principio“chi inquina paghi”. Gli stati comunitari, tra cui l’Italia, sono tenuti a rispettarlo. Difficile quindi comprendere come il Comune di Ravenna abbia potuto imporre una bolletta TARI 2024 di 369 euro alla signora G.O., 84enne. Fatale, al riguardo, l’aumento del 30% rispetto ai 278 euro della bolletta 2023, grazie ad un macroscopico aumento dell’importo fisso, passato da 164,18 a 286,71”. Ad esporre il caso è Alvaro Ancisi, capogruppo di Lista per Ravenna, che ha presentato un’interrogazione in consiglio comunale.
Mentre la quota variabile della TARI per le utenze domestiche è determinata esclusivamente dal numero degli occupanti, su quella fissa è decisiva la superficie dell’alloggio, che nel caso della signora G.O., rimasta sola, in un’abitazione a due piani, rispetto ad una famiglia originaria numerosa, è stata valutata dagli uffici pari a 333 metri quadrati. Secondo il regolamento del Comune di Ravenna, la superficie assoggettabile alla TARI “è costituita da quella calpestabile dei locali”, senza “però stralciare almeno le parti impossibilitate a produrre rifiuti” fa notare Ancisi.
“La signora occupa infatti appena due stanze al piano terra, a fronte di un primo piano composto da alcune stanze vuote e da altre, prive di caldaia e di cucina, dove sono riposti alcuni mobili vecchi e delle cianfrusaglie. È ben chiaro e controllabile che da anni non ci vive nessuno, benché sia necessario non abbandonare l’intero piano a se stesso per un minimo di manutenzioni e di ricambio d’aria e per poter intervenire in caso di danneggiamenti e pericoli dovuti a fattori esterni. I consumi di acqua, gas ed elettricità sono comunque lontanissimi dal giustificare produzioni stellari di rifiuti domestici.
Tutto ciò è stato fatto presente a Ravenna Entrate senza ottenere risposta. Personalmente ritengo che un ricorso alla Corte tributaria, presente, nel primo grado, anche a Ravenna in via Rondinelli, farebbe giustizia di tanta incongruità in materia di rifiuti, rispetto al principio cardine, di rango superiore, per cui “chi inquina paghi”. Mantenere delle ingiustizie, contando sul fatto che il cittadino più spesso le subisce pur di non complicarsi la vita in cause giudiziarie defatiganti e costose, non si addice ad amministrazioni comunali meritevoli di stima”.
Nell’interrogazione, Ancisi chiede al sindaco se intende disporre che, riguardo al caso in oggetto, a favore anche di tanti altri della stessa specie, si ponga rimedio alla” vessazione sopra esposta, malamente legalizzata”.