“A pochi giorni di distanza dall’anniversario dell’esplosione di gas che annientò la piattaforma Paguro (morirono tre lavoratori e molti altri furono feriti) si è verificato “un incidente” a un metanodotto vicino ad Asiago, a Gallio. “Incidente” quasi sempre va tradotto con “esplosione” quando si parla di metano. Per “fortuna” c’è stato “solo” un morto e un ferito in quello che la stampa ha definito “L’inferno sull’Altopiano”. È accaduto il 1° ottobre mentre si svolgevano i lavori per stendere la fibra ottica. Lo riporta il Giornale di Vicenza: «Stavamo impiegando una perforatrice orizzontale – il racconto di un dipendente, che però ha voluto mantenere l’anonimato – certi che non ci sarebbero stati intoppi, quando all’improvviso il macchinario ha danneggiato la tubazione del gas. Il metano ha iniziato a fuoriuscire in grande quantità e a quel punto ci siamo allontanati e abbiamo dato l’allarme, avvisando anche i nostri superiori. È stata una fortuna perché nei minuti successivi ci sono stati l’esplosione, fortissima, il crollo dell’abitazione e l’incendio. Se fossimo stati lì, saremmo stati colpiti in pieno. Non capiamo davvero cosa sia successo: ci è stato assicurato che potevamo lavorare lungo quella linea perché non dovevano esserci condotte, e in ogni caso l’esplosione è avvenuta nella casa, non nel nostro cantiere, anche se poi le fiamme si sono propagate. Siamo comunque molto addolorati per quello che è accaduto, ma che colpa abbiamo noi se non ci è stata segnalata la presenza del metanodotto?».

Anche se SNAM si ostina a garantire che le reti del gas sono strasicure, la verità è che tra il 2015 e il 2022 la media di incidenti di questo tipo è stata di circa 130 per anno (su un totale di 1.157 casi registrati). Guardando alle vittime, la media è superiore agli 11 morti per anno (su 91 deceduti in tutto). Bene ha fatto allora il coordinamento ravennate della Campagna Per il Clima – Fuori dal Fossile a denunciare «la preoccupazione, nostra e di tante popolazioni, sul fatto che la politica di riempire tutti i territori con un soffocante reticolo di strutture deputate a perpetuare il mortifero sistema delle fonti fossili, comporterà sempre più rischi per l’incolumità e la salute delle persone».

Va infatti ricordato che:

  • Nel 2020 è stato dato il via libera al rifacimento del metanodotto Ravenna Mare – Ravenna Terra. Il tracciato del nuovo metanodotto nell’ambito della condotta tra Ravenna e Chieti si sviluppa interamente nel territorio del Comune, per circa 26 chilometri, e si aggiunge, discostandosene come tracciato, all’esistente (che verrà dismesso), passando ad ovest dell’abitato di Ravenna.
  • Nel 2022, assieme al rigassificatore, si è dato il via libera ad un nuovo tracciato che, non solo collega il rigassificatore a terra, ma circuita la città affiancando la linea già in realizzazione del rifacimento Ravenna-Chieti.
  • Nel 2024, poi, si è consentito l’attraversamento del Comune da parte del gasdotto Linea Adriatica, aggiuntivo rispetto ai precedenti, con uno sbancamento largo 40 metri e profondo 5. Anche questi lavori sono già in corso.
  • Alle grandi condotte si deve poi aggiungere la capillare intersezione del territorio, una vera e propria rete a maglie strettissime. E poi si devono aggiungere i grandi depositi, più che altro concentrati nell’area portuale e industriale, compresi quelli per il gnl già realizzati e, naturalmente, il rigassificatore ancora in realizzazione con corredo di metaniere al seguito.

Ancora peggio è la coltre di silenzio che si vuole stendere sui rischi, arrivando anche a silenziare le voci che si alzano per dfenunciarli. Informa infatti la Campagna Per il Clima – Fuori dal Fossile che:

«Lo scorso sabato 28 settembre il nostro Coordinamento aveva in programma di tenere una manifestazione di protesta su uno dei cantieri della Linea Adriatica, quello che attraversa la Statale San Vitale nei pressi di Russi. Questa iniziativa non è stata autorizzata, adducendo opinabili motivi di sicurezza stradale.

Per non innalzare inutilmente la tensione abbiamo responsabilmente deciso di annullare l’appuntamento, ma tutto si inserisce nel quadro di torsione autoritaria e repressiva in atto contro l’espressione del dissenso in generale, in linea con il Disegno di Legge 1660 (cosiddetto Decreto Sicurezza) e – guarda caso – soprattutto di chi si muove nell’ambito della giustizia climatica, forse perché i colossi dell’estrattivismo e i loro profitti sono i veri “padroni del vapore” della vita civile».

Nel pubblicare integralmente sul nostro sito il comunicato di Per il Clima – Fuori dal Fossile, Ravenna in Comune invita la cittadinanza a chiedere un cambio di passo all’Amministrazione cittadina, artefice di una politica completamente prona ad ogni richiesta della lobby del fossile senza tenere in alcun conto (e senza informare la cittadinanza) dei rischi che questo comporta. Pochi mesi fa, del resto, quanto è successo nel vicentino poteva avere le stesse (o anche peggiori) conseguenze anche da noi. Il 23 giugno, a meno di dieci chilometri dai confini comunali meridionali, c’è stata una imponente fuoriuscita di metano nel tratto di gasdotto tra Ravenna e Chieti. Un anno fa, il 4 settembre 2023, un’ingente fuga di gas aveva bloccato la circolazione sulla via Faentina, nei pressi di Fornace Zarattini, nella zona dello svincolo autostradale. E si potrebbe continuare. La soluzione? Come Ravenna in Comune condividiamo quella proposta da Per il Clima – Fuori dal Fossile:

«È necessario un altro modello di produzione, distribuzione e gestione, decentralizzato, efficiente, basato soprattutto su impianti di energia rinnovabile di piccola scala, che avvicini la produzione al consumo, riducendo la necessità di grandi linee di trasmissione, e che preveda l’effettiva partecipazione delle comunità locali nei processi decisionali di pianificazione, senza danneggiare la salute delle persone e l’ambiente».

L’hub del gas è il problema, non la soluzione.”