“Ieri il Prefetto di Ravenna ha convocato il sindaci del territorio ordinando loro «sin da ora a pianificare prontamente l’eventuale evacuazione della popolazione residente». Più precisamente, «alla luce della perturbazione» i sindaci devono «predisporre, tempestivamente, una pianificazione degli interventi di evacuazione che dovessero rendersi necessari, alla luce dei rispettivi piani di protezione civile, aggiornati, laddove le condizioni meteo avverse dovessero evolversi in negativo determinando il sorgere di nuovi elementi di criticità del territorio». Detto in maniera più diretta: c’è il rischio di finire sott’acqua e di essere travolti dalle frane come nel maggio 2023.

La domanda che poniamo è: vogliamo veramente vivere così? Normalizzare la paura per le conseguenze di un evento estremo? Dove l’evento estremo non è qualcosa che al nostro immaginario si presenta come eccezionale, tipo la caduta di un meteorite, ma semplicemente una intensa perturbazione atmosferica! Sono passati 14 mesi dalle alluvioni di maggio che dovevano rappresentare una linea tirata tra un prima e un dopo. Invece non è stata tirata nessuna linea. L’andazzo è rimasto lo stesso. La Giunta de Pascale non appena le acque si sono ritirate ha continuato a consentire di costruire anche dove è alto il rischio di finire sotto. La cura del cemento non è una cura ma la causa del danno. Altro che nutrie!

De Pascale ha nel suo programma altro cemento (ha preannunciato modifiche più permissive persino rispetto alla permissiva legislazione introdotta da Bonaccini), altri gas serra (rigassificatori, estrazioni, metanodotti, gasdotti, ecc. ecc.), meno alberi, meno verde. Dice di preoccuparsi perché i suoi figli non debbano affrontare nella loro vita un’emergenza come quella dell’anno scorso ma in realtà è lui stesso a prepararla. Non stiamo con questo dicendo che Elena Ugolini rappresenti un’alternativa: tutto quel che dice va in direzione di una cementificazione della rete fluviale («Dobbiamo pensare a un piano strutturale di dighe, canali, invasi» pontifica). Un rimedio peggiore del male, come schiere di geologi e idrobiologi ci hanno spiegato in questi mesi.

Con buona pace degli amici verdi che hanno deciso di sostenere uno di quei due candidati (anche se, come dicono «Nessuna delle due posizioni ci convince»), entrambe quelle strade ci conducono inesorabilmente verso il prossimo disastro. Forse non sarà domani (auspicabilmente). Ma non riguarderà un futuro lontano, come ci racconta de Pascale. Sarà prima, molto prima: l’incubo è dietro l’angolo.

Come Ravenna in Comune, ripetiamo dunque la domanda: vogliamo veramente vivere ogni pioggia con la paura di ritrovarci sott’acqua (o nell’isolamento dovuto alle frane)? Se quella dichiarazione di emergenza climatica che de Pascale promosse 5 anni fa non fosse stato solo uno spot pubblicitario, già ora le cose sarebbero state indirizzate per il verso giusto. Ravenna in Comune già allora sottolineava: «Noi chiediamo che l’impegno di oggi non sia volto solo a tranquillizzare le nostre coscienze, ma deve essere lo stimolo per un nuovo modo di fare politica. Questo documento deve spingerci, ad esempio, a piantare più alberi, per creare nuovi polmoni verdi soprattutto nella pianura padana, uno dei territori più inquinati al mondo, proprio perché disboscato quasi completamente. Questo documento deve farci riflettere su ogni metro quadrato che andiamo ad impermeabilizzare con nuove costruzioni, perché non ce lo possiamo più permettere. Dobbiamo spingere sul recupero dell’esistente, come del resto già previsto dalla legislatura vigente. Basta eccezioni! Questo documento deve incentivare le nostre scelte energetiche». Noi continuiamo a crederci. Chi non si rassegna ad aver sempre paura e basta farebbe bene a pensare bene al voto che darà alle prossime elezioni regionali e comunali. Ci saranno alternative al centrodestra e al centrosinistra sia alle elezioni di novembre che a quelle della prossima primavera. Il prezzo di un’occasione sprecata può essere veramente troppo alto.”