Al 30 giugno scorso nelle strutture emiliano-romagnole erano rinchiuse oltre 3.700 persone, 750 in più rispetto alla capienza massima. Il sovraffollamento si associa a problemi di patologie psichiche, tubercolosi, violenza e suicidi: sono 5 i detenuti che si sono tolti la vita nel 2023 e quest’anno sono già sei i morti, fra cui due giovanissimi.
In un’intervista a On ER, il giornale dell’Emilia-Romagna, il settimanale televisivo dell’Assemblea legislativa dell’Emilia-Romagna, il garante regionale dei detenuti Roberto Cavalieri ha parlato del problema del sovraffollamento, che ormai interessa tutte le carceri della regione, delle proteste dei detenuti per le difficili condizioni in cui sono costretti a vivere, dell’aumento dei suicidi, delle difficoltà per un vero reinserimento lavorativo dopo la detenzione. E ha parlato anche del “Codice ristretto”, un vademecum che spiega a chi vive in carcere quali sono i propri diritti. Informazioni di cui quasi nessun detenuto è in possesso.
Nelle carceri dell’Emilia-Romagna vivono oggi 167 donne, mentre i detenuti stranieri sono più di 1800. Del totale, in 2.600  stanno scontando la pena frutto di una sentenza definitiva, mentre 1.125 sono in custodia cautelare o in attesa di giudizio. In aumento anche il numero dei detenuti con meno di 25 anni. Uno dei principali problemi, poi, è la mancanza di lavoro: sui quasi 3.800 detenuti, ogni giorno 900 persone fanno ‘lavoretti’ all’interno delle strutture come le pulizie, aiuto cuoco, piccoli interventi di manutenzione, gestione della spesa. Ma, se si calcolano i detenuti realmente alle dipendenze di vere e proprie aziende, il numero cala drasticamente del 75%, arrivando a poco più di 150 persone, di cui nemmeno 10 sono donne.
Il sistema quindi ha iniziato a collaborare con la comunità Papa Giovanni XXIII di Rimini, fondata da don Oreste Benzi. L’associazione si occupa di reinserire i detenuti nel mondo del lavoro, permettendo loro di vivere in vere e proprie comunità dove imparano un mestiere.