“Non ci voleva la specializzazione in Archeologia per immaginare che a Classe, a poca distanza da un noto sito archeologico e dalla Basilica conosciuta in tutto il Mondo, potessero esservi reperti di importanza storica ragguardevole; in attesa – chissà – di essere portati alla luce dalla sapiente opera di chi si sa occupare di queste cose, e restituiti alla possibilità per tutto il mondo di ammirarli e studiarli, e non lasciati a chi considera il territorio soltanto terreno di conquista per i propri vantaggi, mascherati da “interesse pubblico” grazie alle complicità del potere politico” commenta così l’open day agli scavi archeologici di Classe il Coordinamento ravennate “Per il Clima – Fuori dal Fossile”. Gli scavi sono legati alla posa di due metanodotti: il metanodotto per il rigassificatore e il metanodotto che risale il versante adriatico. Al momento è stata portata alla luce un’antica villa romana.

“Ringraziamo la Sopraintendenza e la dottoressa Morsiani, direttrice dello scavo, che con il loro lavoro hanno per ora prevenuto l’irreparabile. Ma crediamo che l’importanza di quanto ritrovato, una basilica di cui non vi è traccia in alcuna fonte storica di cui si sia in possesso, debba portare ad una riflessione di fondo: è giusto distruggere (perché di questo si tratta) testimonianze millenarie di storia per trasformare interamente e definitivamente le nostre terre in un soffocante reticolo di strutture metanifere, la cui utilità non solo non è affatto dimostrabile, ma è destinata a diventare nulla nel giro di pochi decenni ?
Strutture che intanto, interrate o all’aperto, producono ogni sorta di danno.”

Il Coordinamento ravennate “Per il Clima – Fuori dal Fossile” ribadisce che: “L’infrastruttura esistente dedicata al gas a tutt’oggi nel nostro Paese è già sovradimensionata rispetto ai bisogni, poichè il consumo nazionale sta calando ormai da diversi anni, nel 2023 si è appena superata la quota di sessantuno miliardi, contro ogni previsione di tanti anni orsono, quando si stimava un consumo di oltre un terzo in più. Non solo, ma le valutazioni che per esempio permisero anni fa le autorizzazioni al gasdotto della Linea Adriatica risalgono al 2008, sono ormai da considerare scadute, e andrebbero riesaminate da cima a fondo.
Ma nessun ragionamento può fermare la furia perforatrice ed escavatrice di chi dalla rapina delle risorse energetiche del sottosuolo, trae lauti guadagni economici ed enormi vantaggi in temini di potere di condizionamento nei confronti della società, delle Istituzioni, della Politica.
Snam ci fa sapere che “i siti e i reperti più pregevoli ritrovati durante le attività dell’ Azienda vengono tutelati, restaurati e poi valorizzati attraverso progetti di musealizzazione o di restituzione alla comunità (…)”. In pratica, si afferma che qualche frammento del tesoro ritrovato andrà a finire nelle teche dei musei, verrà fatta circolare qualche bella mostra fotografica, ma del sito archeologico nel suo insieme, lì al suo posto, resterà ben poco. Perché alle “magnifiche sorti e progressive” dell’estrattivismo tutto si deve poter sacrificare.
Noi crediamo invece che l’unica cosa saggia sarebbe il coraggio di stabilire una moratoria, sia sui lavori collegati al rigassificatore sia sull’altra opera devastante che è il gasdotto Sestino–Minebio della Linea Adriatica, i cui cantieri qui da noi stanno procedendo alla velocità del suono, prima ancora di sapere se la parte più a sud verrà realmente costruita. Una moratoria è necessaria, perché le decisioni su che cosa fare di un ritrovamento archeologico di questa portata non possono certo essere prese in tutta fretta, ma anche e soprattutto perché bisogna avviare un ripensamento di fondo su tutto il settore dell’energia, che deve essere traslato dall’ambito del profitto a quello dei beni comuni.
Auspichiamo che la Soprintendenza attui tutto quanto in proprio potere per appoggiare questa richiesta di moratoria, e comunque esprima – con più decisione di quanto fatto fino ad ora – un parere nettamente negativo sul proseguimento della devastazione. Ma sarebbe necessario anche che Comune, Regione e Governo, smarcandosi dalla trappola della “urgenza e indifferibilità” con cui sono state decise e si stanno portando avanti queste opere, si sedessero attorno a più tavoli e avviassero una revisione complessiva. Farebbero solo bella figura, anche se questo farebbe arrabbiare i padroni del mondo estrattivo.
Per quanto ci riguarda, la nostra denuncia e la nostra mobilitazione continuano in tutte le forme e i modi che ci concede questa, pur malconcia, democrazia. Ma siamo pessimisti sul fatto che chi minaccia e criminalizza, o auspica pesanti condanne a chi protesta per il futuro del Pianeta, e intanto soggiace passivamente al volere distruttivo dei colossi dell’estrattivismo e del profitto, sia capace di ascoltare”.