“Come noto, il servizio di emergenza urgenza in seno all’ospedale rappresenta l’anello debole del sistema sanitario, non certo per il personale sanitario che vi opera all’interno, ma per una serie di criticità a cominciare dalla carenza di personale, dal sovraffollamento dei pazienti e dalle lunghe attese. Una continua pressione sul pronto soccorso che fa emergere un sovraccarico di lavoro con turni massacranti, rischi e responsabilità di ogni genere, oltretutto con compensi per i sanitari non sempre adeguati. Manca, inoltre, l’attrattività verso questa professione specialistica: basti pensare che nel solo 2023 sono rimaste non assegnate il 76% delle borse di specializzazione a disposizione, vale a dire tre posti su quattro sono rimasti vuoti!
Una prima risposta a questa situazione davvero pesante, è stata quella di istituire i Cau, Centri di assistenza e urgenza, con lo scopo di drenare gli accessi impropri al Pronto soccorso e fornire riposte più veloci ai cosiddetti casi non gravi. I risultati dal dicembre 2023 alla prima settimana del mese di aprile in corso sono stati 5.660, ossia 74 accessi in media ogni giorno. Mentre dal 22 gennaio 2024 sempre al 7 aprile su una media di 57 accessi al giorno oltre il 78% ha prodotto una dimissione al proprio domicilio, il 7% è stato trasferito al Pronto soccorso, il 4,1% ha ottenuto la dimissione con successiva presa in carico di uno specialista, il 2,65 invio ad una struttura ambulatoriale e ben il 6,3% di utenti hanno abbandonato il Cau prima della visita. Seguono poi altri dati marginali poco significativi. Obiettivamente è presto per poter affermare che i Cau rappresentano la scelta più appropriata per calmierare la forte pressione del Pronto soccorso anche perché una valutazione più precisa si può ottenere solamente attraverso la conoscenza dei dati di accesso al citato servizio di emergenza urgenza con riferimento ai periodi sopra richiamati. In altri termini sarebbe interessante capire se il Pronto soccorso ha trovato vantaggi effettivi dopo l’attivazione dei Cau, perché senza questi dati è oggettivamente difficile fare una sintesi per capire i reali flussi di questi servizi. E di conseguenza, se la sperimentazione in atto sta dando i risultati sperati.”