“In seguito al comunicato stampa del Sindacato Di.Co.Si ContiamoCi! del 23 febbraio, inerente ai rischi di una Anatomia Patologica Unica della Romagna ed indirizzato al Direttore Generale dell’Ausl Romagna dr. Carradori, al Direttore Sanitario dr.ssa Bravi e al Direttore Amministrativo dr.ssa Aimola, mi sono attivato per presentare un’interrogazione in Regione” esordisce così il consigliere regionale romagnolo Matteo Montevecchi, eletto nella Lega, in merito al nuovo progetto dell’Ausl Romagna e continua affermando: “Mi risulta che la Direzione Generale dell’AUSL Romagna stia per approvare il progetto di una Anatomia Patologica Unica della Romagna che prevederebbe la centralizzazione dell’analisi del materiale cito-istologico in un unico laboratorio fuori da un contesto ospedaliero. Il progetto in questione è stato illustrato a tutti gli operatori delle anatomie patologiche della Romagna. Ho saputo che i professionisti, dopo la presentazione del progetto, hanno cercato di porre osservazioni e critiche costruttive, che però la Direzione ha liquidato con scarsa considerazione, dimostrando un atteggiamento di chiusura e quindi di non essere disposta a fare alcun passo indietro. Il progetto, infatti, sta andando avanti senza il coinvolgimento delle organizzazioni sindacali che, informalmente, sono venute a conoscenza di esso solo dagli operatori interessati”.
Poi Montevecchi argomenta: “Ciò che potrebbe celarsi dietro questo progetto/riorganizzazione è la riduzione della qualità del servizio, nonché un impatto negativo sulla qualità della vita lavorativa. Non a caso l’esperienza precedente dei
La.U.Ro(Laboratorio Unico della Romagna) aveva portato a dimissioni volontarie, richieste di mobilità intra-aziendali o di pensionamento anticipato di molti tecnici di laboratorio.
L’approvazione di una Anatomia Patologica Unica della Romagna che prevederebbe l’accorpamento di parte del personale altamente specializzato in un’unica sede, potrebbe portare a richieste analoghe, causando quindi una fuga dei professionisti attualmente impiegati, come è stato per l’operazione di 15 anni fa dei laboratori analisi e officina trasfusionale siti in località Pievesestina di Cesena, appena citati. Il rischio è quello di andare incontro alla possibilità di ritrovarsi una carenza di personale qualificato per l’esecuzione degli esami cito-istologici”.
Inoltre Montevecchi aggiunge: “La portata “innovativa” del progetto risiederebbe nella digitalizzazione dei preparati, che al tempo stesso comporta però notevoli criticità. A differenza di altri sistemi digitali già presenti in Azienda, il supporto (vetrino) su cui l’anatomo-patologo “legge” il tessuto ed effettua la diagnosi, deve sempre essere prodotto fisicamente prima di essere scansionato per essere digitalizzato. Il risultato digitale, quindi, non è altro che un ulteriore tassello (con i relativi costi economici) che non ha ragione di essere, se non per l’eventuale condivisione in sessioni didattiche. Non è chiaro, quindi, quale possa essere il beneficio economico di questa riorganizzazione.
Mi è stato spiegato che lo smantellamento, o il ridimensionamento delle attuali sedi, in favore di un’unica entità, staccata da un contesto ospedaliero, potrebbe causare – sottolinea Montevecchi – maggiori rischi per la movimentazione dei campioni, che dalle sedi periferiche dovrebbero arrivare ad una sede remota, ingenerando confusione (per il massiccio conferimento di materiali presso un’unica sede, considerando ad esempio il conferimento di circa 36.000 campioni all’anno presso una delle attuali sedi), con ripercussioni anche legali, qualora i campioni venissero smarriti o trattati con ritardo. La centralizzazione con la successiva lavorazione dei campioni a carico di un’unica sede periferica ed avulsa da una realtà ospedaliera, priverebbe il confronto diretto con i chirurghi o altri professionisti interessati all’invio dei campioni per la risoluzione o la discussione dal vivo che permette l’immediato chiarimento dei dubbi che potrebbero ingenerare fraintendimenti da cattiva comunicazione tra i servizi invianti e il laboratorio di anatomia.
Data la scarsa automazione che il servizio potrebbe acquisire, lo sviluppo di un solo laboratorio non sarebbe altro che la somma delle attuali quattro sedi lavorative. In pratica un unico laboratorio non garantirebbe migliore tempestività nella diagnostica, migliore qualità dei flussi lavorativi e lo renderebbe di fatto un laboratorio con maggiori problematiche legate alla lavorazione dei campioni. La digitalizzazione dei preparati cito-istologici, inoltre, non fornirebbe alcuna qualità superiore o miglior tempestività nella formulazione delle diagnosi ed è dimostrato che qualsiasi laboratorio per le consulenze specialistiche chieda al laboratorio che ha in carico il caso, il materiale “blocchetto”, per eseguire le eventuali altre indagini. Quindi non utilizzerebbero immagini digitalizzate.
Si aggiungerebbe un passaggio ulteriore all’attuale flusso lavorativo. Alcuni campioni inviati ai laboratori di anatomia patologica fanno parte di percorsi diagnostico-terapeutici urgenti (ad esempio cancro della mammella), il rischio è che tali campioni non siano più lavorati con la stessa tempestività di come avviene ora, in quanto questi campioni sarebbero comunque destinati a viaggiare verso il laboratorio di anatomia unica, con una perdita di tempo per l’invio, di ulteriori ore, rispetto alle condizioni attuali di ricezione e lavorazione degli stessi. Gli esami urgenti, attualmente, gestiti nei laboratori di anatomia, vengono lavorati e la diagnosi (completa anche della c.d. tipizzazione neoplastica, utile ai fini di un intervento chirurgico, e/o terapico, senza la necessità di ulteriori indagini) perviene entro 48 ore. Questi particolari esami avrebbero un percorso probabilmente maggiorato di almeno 24 ore, rispetto all’attuale tempistica”.
Infine il Consigliere regionale Matteo Montevecchi chiosa: “Per questi motivi ho deciso di interrogare la giunta regionale per sapere se può spiegare con quale personale verrebbe fatto funzionare un laboratorio unico di anatomia patologica, stante l’attuale carenza di personale nelle quattro sedi, dovuta alla difficoltà conclamata di reperire professionisti, con la prospettiva che si presenti la diaspora già vista con il laboratorio analisi di Pievesestina. Ma soprattutto anche per sapere se ritiene che abbia senso centralizzare un servizio che per peculiarità non si presta ad essere centralizzato, se l’assessore alla salute Donini e l’AUSL Romagna intendono iniziare un confronto sul progetto in questione con le parti interessate ai tavoli già proposti, se intende esprimersi a riguardo e se intende al tempo stesso sollecitare l’AUSL Romagna per una modifica radicale del progetto, evitando che le intenzioni vengano rese note solamente a progetto concluso ed operativo e se intende utilizzare i fondi che verrebbero destinati a questo progetto, per potenziare le realtà già esistenti in termini di svecchiamento delle apparecchiature attualmente in uso (alcune risalenti ancora agli anni ‘80, e non più adeguate alle attuali esigenze), per ampliare e rimodernare spazi attualmente utilizzati (che non hanno costi “vivi” come affitto o esborsi importanti per nuove strutture) e quindi per la valorizzazione professionale degli operatori”.