Si è concluso con un trionfo al Teatro Alighieri di Ravenna il percorso cominciato lo scorso giugno al Festival Monteverdi di Cremona dell’Icoronazione di Poppea, ultimo capolavoro operistico del compositore cremonese a 380 anni dalla sua prima esecuzione, nel 1643, qualche mese prima della morte dell’autore.
Tra sfrenate ambizioni, delitti, brama di potere e disinibiti amori, con le sue quasi quattro ore di spettacolo, L’incoronazione di Poppea ancora oggi coinvolge e avvince grazie soprattutto allo straordinario libretto di Busenello, uno dei più belli della storia dell’opera.
La realizzazione scenica del decano dei registi italiani Pier Luigi Pizzi, 93 anni e tanti progetti, ha prodotto uno spettacolo come è d’uso da qualche tempo, essenziale, contraddistinto da una scena unica dominata da alte colonne corinzie, con luci giocate sul bianco e nero macchiate dai colore degli eleganti costumi.
L’intricata vicenda è ben resa da un cast di specialisti del genere barocco, a cominciare dai due protagonisti: il soprano Roberta Mameli, esuberante presenza scenica esibita con elegante nonchalance, ha dato vita a una Poppea spregiudicata e autorevole, affiancata dal controtenore Federico Fiorio, un Nerone ambiguo, ugualmente attratto da Poppea e da Lucano, ma dalla forte personalità.
Antonio Greco ha retto la complessa partitura (nonostante i vari tagli apportati) dirigendo dal clavicemablo l’ottima Orchestra Monteverdi Festival-Cremona Antiqua, un gruppo di tredici specialisti capaci suonare ognuno più di uno strumento.