Emergenza casa: in Romagna, la domanda di alloggi popolari supera significativamente l’offerta disponibile. Mancano almeno 8mila case popolari per soddisfare le richieste già presentate, a fronte di circa 11mila appartamenti già occupati.
Le graduatorie (dati 2021) parlano chiaro: a Rimini ci sono 2.193 famiglie che risiedono in alloggi di edilizia popolare, mentre le domande inevase sono quasi 3mila, pari al 135%. Il dato è superiore alla media anche a Forlì-Cesena (2.300 domande e 4.100 alloggi pubblici già impegnati) e Ravenna (4.657 alloggi e più di 2.600 domande inevase, pari al 56% della disponibilità). Un affanno superiore alla media, perché in Emilia-Romagna queste percentuali viaggiano sotto al 50%, con 25.624 richieste a fronte di 54.565 alloggi complessivi (e già occupati)
Di fronte a questi dati Legacoop Romagna ha deciso di rilanciare anche nel nostro territorio il piano che è stato presentato nei giorni scorsi a Roma da Legacoop Abitanti. alla presenza, tra gli altri, del ministro delle Infrastrutture Matteo Salvini e del segretario generale della CGIL, Maurizio Landini e del presidente di Legacoop nazionale Simone Gamberini.
Ad aggravare la situazione regionale — dichiara il presidente di Legacoop Romagna, Paolo Lucchi — c’è il numero (fonte ORSA – Osservatorio regionale sistema abitativo) delle abitazioni non occupate, che sono il 16,39%, ovvero una su cinque a livello regionale (in Italia, oltre 10 milioni). Insomma, le case a prezzi sostenibili e calmierati, non ci sono. In un territorio, per altro, dove attirare lavoratori interessati al lavoro stagionale si conferma fondamentale per la tenuta del sistema economico.
Il progetto presentato a Roma si basa su un mix di finanziamenti pubblici e privati, risorse cooperative, fondi europei e incentivi governativi, creando un modello finanziario robusto e sostenibile per affrontare la crisi abitativa.
Occorre intervenire e il sistema cooperativo si candida a farlo utilizzando anche risorse proprie.
Il piano nazionale di Legacoop Abitanti nel dettaglio
Nell’ambito del Piano nazionale, la cooperazione di abitanti si candida a realizzare 5.000 alloggi (il 10% del totale mancante), da assegnare in locazione a canoni ridotti del 30% rispetto a quelli di mercato, con un impegno complessivo di risorse pari a poco meno di 1,4 miliardi di Euro, finanziato dal sistema cooperativo con una quota di risorse proprie del 60 % pari a 831 milioni di Euro e dal contributo pubblico con una quota del 40 % pari a 553 milioni di Euro.
L’impegno finanziario della Cooperazione con il supporto della quota di contributo pubblico, determina, per la quota dei 5.000 alloggi proposti, un risparmio per lo Stato di circa 56.000 euro ad alloggio rispetto al costo sostenuto in caso di realizzazione interamente finanziata con risorse pubbliche. Quindi i risparmi complessivi per circa 277 milioni di Euro consentirebbero allo Stato di destinare queste risorse per la realizzazione di circa 1.700 alloggi destinati a famiglie a basso reddito.
Il ruolo dello Stato, determinante per la sostenibilità della proposta, può concretizzarsi nella creazione di uno specifico Fondo dedicato all’attuazione del Piano Pluriennale di Edilizia Sociale dotato di risorse proprie, la cui dotazione potrebbe avvalersi, in fase attuativa, anche della contribuzione delle Regioni utilizzando le risorse del Fondo Sociale Europeo destinate alle politiche di recupero e rigenerazione urbana.
A queste disponibilità possono poi aggiungersi, come detto, le risorse della Banca Europea degli Investimenti e della Banca del Consiglio di Europa, nell’ambito delle linee di azione programmatiche della Unione Europea.
Nella logica di partenariato pubblico-privato, il sostegno dello Stato può attuarsi direttamente attraverso la cessione di grandi aree dismesse di proprietà pubblica o di soggetti statali (Cassa Depositi e Prestiti, Demanio, Invimit, Ferrovie dello Stato) a valori sostenibili; contributi in conto capitale e in conto interesse; agevolazioni ed esenzioni totali e/o parziali tributarie e fiscali.
Inoltre, lo Stato può intervenire attraverso la concessione di garanzie di ultima istanza che favorirebbero in modo sensibile il costo e l’accesso alla finanza privata, valorizzando il ruolo dei soggetti della finanza di impatto disponibili a sostenere investimenti di lungo periodo con redditività certe e limitate, su progetti innovativi ad alto impatto sociale. Infine, si potrebbero prevedere delle modalità di cessione garantita a soggetti istituzionali dei crediti fiscali derivanti dalle agevolazioni fiscali attivabili dalle realizzazioni degli interventi.